Alessandro da Firenze (frate)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Alessandro da Firenze è stato un frate cappuccino che operava come esorcista a Cortona negli anni attorno al 1578, allorché subì un procedimento disciplinare per pratiche improprie svolte nell'ambito della sua attività esorcistica.

Frate Alessandro, cappuccino, fiorentino, negli stessi anni in cui operava Domenico da Galatrona, esercitava la professione di esorcista a Cortona e in particolare nel convento femminile delle Santucce di quella cittadina, dove medicava monache spiritate e affette da inquietudini psico-fisiche.
In epoca postridentina l’allarme delle autorità religiose si era rivolto anche verso i crescenti casi di possessione diabolica e di forme dubbiose di santità e misticismo. L’ossessione diabolica, tuttavia, aveva fatto crescere il numero degli esorcisti e allo stesso tempo offriva alla chiesa l’occasione per dimostrare la potenza del divino nei confronti dei malefici.
Le autorevoli testimonianze dei maggiorenti della comunità cortonese, con le dettagliate accuse che emersero a carico di frate Alessandro, ci lasciano intravedere aspetti senz’altro importanti per la storia delle terapie alternative praticate in quel tempo dagli ecclesiastici.
La relazione che introduce il fascicolo si sofferma sulla cronistoria di come si era avviato il caso, già al tempo di monsignor Perignano, Vescovo di Cortona, e come l’attuale vescovo Costantino decise di portarlo avanti.
Durante la sua prima visita alla pieve di Cortona, il nuovo presule cortonese accertò che frate Alessandro «faceva professione di cacciare spiriti di dosso alle persone et maxime di moniche usando modo in exorcizzare contro lo stile di santa madre chiesa». Per tale ragione era stato invitato ad allontanarsi dalla città per porre fine allo scandalo che dava alla comunità. Frate Alessandro non solo non aveva ubbidito all’ordine, ma abitava fuori dal convento, vestiva abiti secolari e portava addosso armi.
Così, il vescovo decise di istruire contro di lui un procedimento disciplinare e fece raccogliere nel palazzo episcopale di Cortona tutte le deposizioni del caso (Archivio di Stato di Firenze, Tribunale della Nunziatura apostolica, Atti Criminali, f. 851, anno 1578).
Agostino Signorelli, vicario della chiesa di s. Bartolomeo a Pergo, il 3 gennaio 1578 (anno fiorentino) riferì al Vescovo quanto sapeva su frate Alessandro nel tempo che esorcizzava nella sua parrocchia. Raccontò di averlo dovuto cacciare per la cattiva fama a seguito della sua condotta morale scandalosa, poiché mentre esorcizzava se la intendeva con la moglie dell’esorcizzato («usava con la moglie di quello che era exorcizzato»). Raccontò, poi, si aver inteso dire da Baldassarre Sernini, confessore delle monache delle Santucce, «che detto frate havesse fatto cose non convenienti intorno a Monasteri di moniche di Cortona /…/ e che detto frate andava civettando facendo l’amore con le moniche intorno a detto monasterio delle Santucce».
Interrogato il 5 gennaio il canonico Baldassarre de Sernini, confermò i comportamenti riprovevoli del frate e precisò alcuni aspetti del suo rito esorcistico. Conduceva l’inferma dinanzi al SS. Sacramento e le metteva intorno al collo una stola, facendovi molti nodi, e sotto i piedi il messale o il breviario; altre volte faceva fare la processione a tutte le monache, con l’inferma in fondo alla fila, con la croce in mano. Somministrava poi «certi beveraggi» che facevano parlare gli spiriti che si erano impossessati del corpo delle religiose.
Ciò che suscitava maggiori sospetti nel giudizio del canonico era l’utilizzo poco ortodosso dei paramenti sacri e soprattutto del SS. Sacramento sospeso sopra la testa dell’inferma o portato addosso per alcuni giorni.
Frate Alessandro era infatti convinto che gli spiriti si annidassero nel mestruo e nelle parti genitali femminili dell’ossessa. Per tale ragione faceva prendere quando la patena, quando il calice o il corporale, dove la mattina diceva messa, e li «faceva mettere sotto le parti disoneste et menstruate et di poi tornava a dirci sopra la messa».
Se il punto di vista degli ecclesiastici su frate Alessandro mirava a mettere in evidenza aspetti ereticali e morali, come i riti esorcistici non ortodossi, le terapie non canoniche, il possesso di libri proibiti, i costumi e la vita libertina, il possesso delle armi, tutti aspetti in quel momento sotto la lente di osservazione della Nunziatura apostolica fiorentina, quando furono sentite le personalità laiche di Cortona (dottori in legge, speziali, mercanti) scopriamo altre contestazioni che aprono nuovi scenari sulle pratiche magiche, sugli intrecci di interessi economici e sui dissidi tra gli operatori economici, sulle figure eterodosse e, infine, ma non per ultimo, sulla circolazione di idee riformiste nella Valdichiana.
Il detonatore che fece precipitare l’indagine inquisitoriale verso questo tipo di accuse riguardò l’esorcismo che fra Alessandro aveva praticato a maestro Giovampiero di Golfino di Roberto da Bergamo, che esercitava l’arte del tessere (con la tecnica a saia) a Cortona. Durante il rito, gli dette da bere una polvere, usò certi fumi di zolfo e ruta, gli mise addosso la stola con otto nodi e una borsa con una crocetta e con certe cose strane che parevano ossa. Ma anziché sentirsi liberato dagli spiriti, a Giovampiero parve che il frate gli confermasse addosso le malìe. Infatti, subito gonfiò tanto da sentirsi morire e fu chiamato d’urgenza frate Cherubino dell’ordine di sant’Agostino per rimediare al danno.
Negli interrogatori, infatti, fu sentito un altro artigiano bergamasco di nome Battista di Giovanni di Mattio, il quale riferì di un furto di denari con scasso nella sua bottega. E qui l’indagine inquisitoriale si allarga alla figura di un certo Marcantonio astrologo sul quale «esser publica voce et fama che fa professione d’astrologia», fa incantesimi e predice il futuro.
Giunto a Cortona, mosso da chissà da quali interessi o per sfuggire a quali minacce, Marcantonio aveva stretto una facile amicizia con il nostro frate Alessandro, al quale aveva fornito una «Hierarchia di spiriti e una misura di X°/Cristo/ con la quale misurava la statura dell’infermo».
Tuttavia libri proibiti a Cortona ne dovevano circolare molti. Un testimone parlò di libri bruciati fuori della porta S. Domenico di Cortona, purtroppo senza altri particolari.
La cittadina cortonese entrò, così, nel mirino dell’Inquisizione per un aspetto ereticale in quel momento molto grave, che forse spiega anche i dissidi tra i vari operatori economici. I commercianti bergamaschi giunti in Valdichiana per sviluppare la loro attività tessile, avevano portato con sé una “merce” molto pericolosa: le idee riformiste che avevano clandestinamente condiviso con alcuni cortonesi.
Troviamo conferma di questo nelle carte dell’Inquisizione fiorentina, che pochi anni dopo aprì un fascicolo contro il sopradetto Giovampiero di Golfino di Roberto da Bergamo. Il 22 agosto 1599 Francesco di Pizzafuoco raccolse le testimonianze e redasse la relazione che fu sottoscritta da frate Matteo de Sammattei da Costacciaro, parente e cancelliere dell’Inquisitore fiorentino Dionigi da Costacciaro. La lettera spedita a Firenze appare molto interessante perché condensa a carico di detto Giovampiero di Golfino un ampio repertorio di accuse, in linea con quanto la Chiesa di Roma muoveva alle idee luterane, che erano penetrate evidentemente anche nell’aretino.

Bibliografia

  • Francesco Sinatti, Quando la medicina smise di curare l'anima. Il pluralismo terapeutico nella Toscana di Cosimo I tra magia, empirismo e ossessione diabolica, Accademia Valdarnese del Poggio, Montevarchi 2019.

Article written by Francesco Sinatti | Ereticopedia.org © 2020

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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