Valier, Agostino

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Agostino Valier (Venezia, 7 aprile 1531 – Verona, 1606) è stato umanista, filosofo, vescovo, visitatore apostolico, censore, cardinale.

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Biografia

Agostino Valier nacque a Venezia nel 1531 da Bertuccio e Lucia Navagero. Proveniente da una famiglia dell’antico patriziato veneziano, compì la sua prima formazione nella città natale. Mostrata precocemente una grande passione per gli studi e superati alcuni problemi di balbuzie iniziali, proseguì il suo iter studiorum approfondendo lo studio della filosofia presso l’Università di Padova, dove arrivò all’età di sedici anni e dove fu accolto nella casa dello zio materno Bernardo Navagero, al tempo pretore della città per conto della Repubblica di Venezia.
Compiuti i venticinque anni entrò nella magistratura dei Savi agli ordini. Sedette nel Senato della Serenissima per due anni, poi fece ritorno a Padova, per approfondire lo studio della metafisica, della teologia e della Sacra Scrittura. Nel 1558 ottenne – su conferimento del Senato della Serenissima – la cattedra di filosofia presso la prestigiosa Scuola di Rialto. A Rialto insegnò fino al 1561 e poi ancora, dopo il soggiorno a Roma e a Trento, dal 1563 al 1565. Nella sua attività di insegnamento si preoccupò di coniugare l’impostazione aristotelica tradizionale della Scuola al platonismo e si impegnò per stabilire connessioni tra filosofia e teologia, attingendo molto a Tommaso d’Aquino. La sua posizione filosofica, ben espressa nello scritto più importante di questo periodo edito successivamente nel 1577 De recta philosophandi ratione, è stata definita ‘eclettica’1, proprio perché incentrata sul dialogo e aliena da atteggiamenti rigide e unilaterali.
All’inizio del 1561 si stabilì a Roma insieme allo zio Navagero appena eletto cardinale. Aveva già visitato l’Urbe qualche anno prima, nel 1555, sempre al seguito dello zio, ma erano i tempi bui di Paolo IV, la Roma che aveva modo di conoscere ora era quella di Paolo IV e soprattutto del cardinal nepote Carlo Borromeo, che stavano predisponendo la riapertura del Concilio di Trento. Il periodo trascorso a Roma fu breve ma intenso. Egli si trovò a frequentare un ambiente vivace e stimolante, che stava vivendo una complessa fase di transizione. A guidarlo in questo mondo trovò Silvio Antoniano, raffinato umanista e uomo di curia vicino a Borromeo, al quale Valier rimarrà legato per tutta la vita. Antoniano lo introdusse nell’Accademia delle Notte Vaticane, quel seminario di formazione spirituale del quale lo stesso Valier lasciò un efficace ritratto nel Convivium Noctium Vaticanarum (Mediolani, 1748). Nel 1563 partì alla volta di Trento, al fianco di Bernardo Navagero, chiamato a raggiungere la città nella veste di legato pontificio; così si trovò a vivere da osservatore esterno le fasi finali del concilio più importante dell’età moderna.
Chiuso il concilio, Valier fece ritorno alla Scuola di Rialto e lo zio Navagero raggiunse la sede di Verona, intenzionato ad applicare sin da subito le novità tridentine. Tuttavia, l’energico ecclesiastico veneziano dovette fare i conti con gravi problemi di salute, che lo spinsero ad individuare presto un successore. La scelta non poteva che ricadere sull’amato nipote che, tra l’altro, aveva da poco vestito l’abito sacerdotale ed era fortemente sostenuto da Carlo Borromeo. Il 17 giugno 1565 Valier fece il suo ingresso a Verona. Qualche giorno dopo l’amato zio passava a miglior vita. Era l’inizio di una nuova fase della vita del giovane ecclesiastico che, «smessi i panni del filosofo, assumeva quelli del vescovo pater et pastor»2, impegnato a far aderire la sua diocesi al dettato tridentino.
Nell’esercizio del ministero pastorale Valier tenne presenti costantemente due modelli, quello dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo (da egli celebrato in un trittico di scritti Episcopus, Cardinalis e Vita Caroli Borromaei), esempio vivente del vescovo in cura d’anime tratteggiato dai decreti conciliari, e quello di Gian Matteo Giberti, il vescovo antesignano della riforma tridentina che lo aveva preceduto sulla cattedra di Verona. Alla guida della diocesi scaligera per ben quarantuno anni, Agostino Valier si mostrò, da una parte, rispettoso della preziosa eredità lasciata da Giberti, condensata nelle Costituzioni per il clero del 1542, di cui Valier curò una nuova edizione nel 1586 e, dall’altra parte, aderente a quella normativa conciliare che vedeva nella parrocchia il cardine di un sistema di cura d’anime sempre più capillare, facente capo all’ordinario diocesano. Numerosi furono gli strumenti di cui Valier si servì, sulla scorta dell’esempio borromaico, per attuare il disegno di rinnovamento tridentino all’interno della sua chiesa: investì molte energie nelle istituzioni educative ed assistenziali (seminario diocesano, scuola degli accoliti, collegio dei nobili, scuole della dottrina cristiana, conservatori femminili, ospedali e monti di pietà), promosse le confraternite mariane ed eucaristiche, sostenne lo sviluppo delle Compagnie della Carità delle Confraternite della dottrina cristiana, si giovò del supporto degli ordini religiosi, specie di quelli di nuova fondazione (Gesuiti, Cappuccini, Teatini, Orsoline e Dimesse), nel campo dell’educazione e della predicazione e poté contare su un’equipe di validi collaboratori già formati alla scuola di Giberti (Adamo Fumano, Niccolò Ormanetto, Pier Francesco Zini, Filippo Stridonio, Alberto Lino, Vincenzo Cicogna). Molto si spese anche sul fronte della produzione scritta, anche personalmente, data la sua straordinaria ed infaticabile vena scrittoria. Non solo regolamenti, statuti, lettere pastorali, ma anche scritti teorico-precettistici come il De rhetorica ecclesiastica ad clericos, composto su commissione di Carlo Borromeo e dato alle stampe per la prima volta nel 1574 e trattati educativi come i Ricordi lasciati alle monache e l’Institutione d’ogni stato lodevole delle donne cristiane, editi nel 1575.
Tra il 1578 e il 1583 fu impegnato in Dalmazia, Istria e in diverse diocesi del nord Italia (Chioggia, Venezia, Padova, Vicenza, Trieste) in qualità di visitatore apostolico. Questo sessennio, nel corso del quale si assentò per lunghi periodi dalla sua diocesi, lo preparò alle sfide che si sarebbe trovato ad affrontare all’indomani della nomina cardinalizia, arrivata il 2 dicembre 1583, a seguito della quale dovette gestire contemporaneamente il fronte della cura pastorale e quello degli incarichi presso la curia romana. Presto fu chiamato a far parte della Congregazione dei Riti e della Congregazione dell’Indice, dove sedette accanto al giovane Federico Borromeo, rispetto al quale rivestì il ruolo di mentore all’indomani della morte di Carlo Borromeo e con il quale condivise la frequentazione dell’Oratorio di S. Maria in Vallicella, seminario spirituale animato da Filippo Neri, celebrato da Valier nel noto scritto Philippus sive de christiana laetitia3. Tra gli impegni che lo assorbirono maggiormente in questi ultimi anni va ricordata soprattutto l’elaborazione dell’indice dei libri proibiti clementino, di cui seguì anche le prime fasi di applicazione a livello locale. Nella veste di censore egli invitò a quella posizione di autocensura che aveva illustrato ampiamente nel noto scritto De cautione adhibenda in edendis libri4, una sorta di autobiografia e insieme testamento spirituale, nella quale si rivolgeva all’amico di una vita Silvio Antoniano come confidente e testimone del suo percorso esistenziale, intellettuale e spirituale. Nonostante i frequenti e prolungati soggiorni a Roma Valier riuscì a mantenere un solido legame con la sua diocesi, agevolato in questo – a partire dal 1589 – anche dall’assegnazione di un capace coadiutore, il nipote Alberto Valier, che poi alla sua morte avrebbe ereditato la cattedra episcopale veronese.
Più volte tra i papabili, morì il 23 maggio 1606, fortemente provato dalla vicenda dell’interdetto comminato da Paolo V alla Repubblica di Venezia, che non ebbe la ventura di vedere superata. Le sue spoglie furono accolte inizialmente presso la chiesa di san Marco a Roma, suo primo titolo cardinalizio, e poi trasferite presso la cattedrale di Verona, all’interno di un imponente monumento funebre commissionato dai rettori della città.

Bibliografia essenziale

  • Giovanni Ventura, Vita Illustriss. et Reverendiss. Cardinalis Augustini Valerii Veronae episopi […], in Angelo Calogerà, Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, 51 voll., In Venetia, appresso Cristoforo Zane, 1728-1727, vol. XXV (1741), pp. 49-115.
  • Lorenzo Tacchella, San Carlo Borromeo e il card. Agostino Valier: carteggio; prefazione di sua eminenza il cardinale Michele Browne, Istituto per gli studi storici, Verona 1972.
  • Giovanni Cipriani, La mente di un inquisitore: Agostino Valier e l'Opusculum De cautione adhibenda in edendis libris (1589-1604), Nicomp, Firenze 2009.
  • Agostino Valier, Instituzione d’ogni stato lodevole delle donne christiane, and Ricordi […] lasciati alle monache nella sua visitazione fatta l’anno del Santissimo Giubileo 1575, edited by Francesco Lucioli, MHRA, Cambridge 2015.
  • Cyriac K. Pullapilly, Agostino Valier and the Conceptual basis of the Catholic Reform, «The Harvard Theòlogical Review», 85/3, 1992, pp. 307-333.
  • Oliver Logan, Agostino Valier (1531-1606) bishop of Verona and cardinal, in Id., The Venetian upper clergy in the 16th and 17th centuries: a study in religious culture, The Edwin Mellen Press, Lewiston 1996, pp. 215-304.
  • Elisabetta Patrizi, Pastoralità ed educazione. L’episcopato di Agostino Valier nella Verona post-tridentina (1565-1606), 2 voll., FrancoAngeli, Milano 2015.
  • Stefano Andretta, Valier, Agostino, in DBI, vol. 98 (2020).

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Voci correlate

Article written by Elisabetta Patrizi | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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