Carafa, processo ai (1560-1561)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Il Processo Carafa (7 giugno 1560 – 3 marzo 1561) ha rappresentato una delle più drammatiche crisi del papato in età moderna, durante la quale il nuovo papa Pio IV tentò di epurare e intimidire i suoi oppositori nel Sacro Collegio prima della riapertura del concilio di Trento.

Iniziata con l'arresto dei cardinali Alfonso e Carlo Carafa, di Giovanni Carafa, fratello di Carlo, e di un certo numero di loro sodali, col tempo finì per coinvolgere circa la metà dei cardinali del Sacro Collegio come giudici, testimoni o difensori.

I principali capi d'accusa contro i Carafa riguardavano la loro condotta durante il pontificato del loro zio: tradimento, raggiri, peculato, estorsione, frode, nonché l'assassinio della moglie di Giovanni Carafa, Violante, e del suo amante Marcello Capece.

Mentre svolgeva indagini contro la famiglia Carafa, Pio IV perseguitò altri membri del Sacro Collegio, tra i quali il cardinal nepote di Giulio III, Innocenzo del Monte e il protetto di Paolo IV Scipione Rebiba (anche Rodolfo Pio da Carpi e Gian Bernardino Scotti furono toccati dalla persecuzione, ma senza che si giungesse per loro ad un'accusa formale).

Il 18 luglio 1560 vennero aggiunte anche accuse di eresia a carico di Alfonso e Carlo Carafa, il primo per essere stato in possesso di un certo numero di libri proibiti che Paolo IV aveva messo all'Indice, il secondo per atti osceni durante una processione eucaristica a Venezia. Come conseguenza di ciò l'inquisitore maggiore Michele Ghislieri (poi Pio V) fu incluso nella commissione cardinalizia deputata all'esame del caso.

All'arresto dei Carafa apparve chiaro che a Pio IV mancava il supporto politico necessario per comminare loro una severa condanna, ma nel corso del 1560-61 egli lavorò instancabilmente per fare pressione sui cardinali più scettici e su altre parti interessate al fine di raggiungere tale scopo.

Infine, in un concistoro svoltosi il 3 marzo 1561 e durato ben otto ore, presentò l'intero caso al collegio dei cardinali e si assicurò il loro consenso ad una sentenza di colpevolezza. Dopo che il verdetto di morte fu pronunciato, i fratelli Carlo e Giovanni e i loro principali sodali furono giustiziati all'alba del giorno seguente, Giovanni per decapitazione, Carlo per strangolamento.

Incapace invece di ottenere il consenso alla condanna capitale per Alfonso Carafa, nell'aprile 1561 Pio IV fu obbligato a rilasciarlo dietro il pagamento di una multa di 100.000 scudi. Alfonso perse altresì la maggior parte dei suoi incarichi e benefici. L'anno seguente anche Scipione Rebiba e Innocenzo del Monte furono rilasciati e, come Alfonso, vissero il resto del papato di Pio IV alla larga dalla corte papale.

Bibliografia

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  • Alberto Aubert, Paolo IV: Politica inquisizione e storiografia, Le Lettere, Roma 1999.
  • Ludwig von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo: vol. VIII, Storia dei Papi nel periodo della Riforma e Restaurazione cattolica. Pio IV  (1559–1565), Desclée, Roma 1923, pp. 100-133 : EN pt1 EN pt2.
  • Miles Pattenden, Pius IV and the Fall of the Carafa: Nepotism and Papal Authority in Counter-Reformation Rome Oxford University Press, Oxford 2013.
  • Adriano Prosperi, Carafa, Carlo, in DBI, vol. 19 (1976).
  • Marina Raffaeli Cammarota, Carafa, Giovanni, in DBI, vol. 19 (1976).

Article written by Miles Pattenden | Ereticopedia.org © 2013
English to Italian translation by Daniele Santarelli

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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