Fiorentino, Nicola

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Nicola Fiorentino (Pomarico, 3 aprile 1755 - Napoli, 12 dicembre 1799) è stato un politico e studioso.

Nicola Fiorentino nacque a Pomarico il 3 aprile 1755, alle otto, da Giuseppe e Giulia Sisto, di famiglia gentilizia e dalla dote considerevole al momento del matrimonio. Suo padre, di una facoltosa famiglia montalbanese, oltre alla professione di medico, si occupava degli interessi familiari sia attraverso varie compravendite di terreni ed immobili, sia tramite il commercio dei prodotti delle proprietà agricole. Ancora bambino, si trasferì con la famiglia a Montalbano, dove rimase fino all’età di dieci anni, quando fu mandato a studiare nel seminario diocesano di Tricarico, istituito agli inizi del Seicento sulla base delle disposizioni tridentine e dove, in conformità con il piano di studi, avrebbe appreso i rudimenti delle lingue classiche, retorica, teologia e logica. Dopo neppure diciotto mesi in seminario, nel 1767 fu mandato a Napoli, per perfezionarsi nella scuola del Salvatore e fu allievo di Marcello Cecere, studioso di «Geometria Elementare» e di «Matematica sintetica». In questo campo, il Fiorentino mostrò notevoli attitudini, guidato, in seguito, dal nobile Girolamo Saladini, canonico bolognese, ritenuto un’autorità nel calcolo matematico e nelle dimostrazioni algebriche. Del resto, gli anni in cui il Fiorentino si trovò a Napoli come studente furono segnati da una grande esplosione del pensiero scientifico, come detto, facente capo alle scuole, appunto, del Saladini e del lucano Vito Caravelli, che produssero, oltre a Fiorentino, personaggi come il coetaneo Nicola Fergola. Il giovane montalbanese ebbe modo di usufruire del lavoro di Giacinto Dragonetti e di Antonio Genovesi. Nel 1769, a soli quattordici anni, Fiorentino vinse il concorso per la cattedra di matematica nel Liceo dell’Aquila, ma non poté occuparla per la sua giovane età, non avendo, infatti, compiuti i quindici anni richiesti: tuttavia, come premio per l’ingegno dimostrato, al Fiorentino fu decretato un assegno e la frequenza al collegio Angarano di Bologna, dove si distinse a tal punto per il profitto che, dopo un anno, il Regio Visitatore Andrea Franchi, in una lettera del 16 settembre del 1773, scriveva al sovrano che «più colà il Fiorentino a far non ci avea». Una volta addottoratosi, comunque, Nicola Fiorentino decideva di tornare nel Regno di Napoli. Nel 1774, Fiorentino ottenne la cattedra di Filosofia razionale e matematica presso la Scuola Regia di Bari, istituita nel 1770, nell’ambito del piano di riforma dell’istruzione, sostenuto dal Genovesi e accolto da Ferdinando IV. Nel 1781, morto Gian Luigi Sagarriga Visconti, Governatore del convitto di Bari e socio dell’Accademia di Scienze e Belle Lettere, fu nominato, per meriti scientifici, Soprintendente agli studi della Scuola Regia di Bari: il periodo della sovrintendenza, tuttavia, dovette essere breve, a causa di problemi di salute che le poche fonti biografiche coeve gli attribuiscono e che dovettero essere di una certa entità per costringerlo a lasciare l’ambita carica allo storiografo barese Emmanuele Mola. Eppure, in questo periodo brevissimo, esercitò la carica istituzionale, ponendosi in contatto con gruppi dirigenti anche di notevole livello socio-economico, come le famiglie d’Avalos, marchesi di Pescara e del Vasto e signori feudali di Troia, in Capitanata, o ancora i Marulli, duchi di Ascoli Satriano, i cui rampolli studiarono nella Scuola proprio a partire da quel periodo. Si tratto, però, di un periodo di notevole vigore intellettuale, nel quale il Soprintendente Fiorentino ebbe modo di esprimersi anche come matematico: a questo periodo risalirebbe, infatti, come evidente dal titolo, nel quale il Fiorentino è esplicitamente detto «Soprantendente delle Regie Scuole di Bari», il Saggio sulle Quantità Infinitesime e sulle Forze Vive e Morte. Tuttavia, come detto, ben presto per problemi di salute Fiorentino tornava a Napoli, dove si dedicò alla professione legale, ottenendo una provvisione dal sovrano e dedicandosi anche all’insegnamento privato della matematica e della filosofia; in questi stessi anni, era proprietario di una ben avviata attività commerciale di prodotti coloniali, come spezie e cacao di provenienza varia. In quel tornio di tempo compose, probabilmente come corollario dell’attività di insegnante e di avvocato, i Principj di giurisprudenza criminale, pubblicati nel 1782, mentre ulteriore testimonianza della competenza giuridica acquisita in questi anni sono la Dissertazione sopra alcuni punti di giurisprudenza criminale, che risale ipoteticamente al 1784 e l’appendice su «pruove e pene» alle Istituzioni del fratello Antonio. Nel 1789, fu nominato Governatore di Montauro e Gasperina in Calabria e, in seguito, di Catanzaro. Nel 1794, anno in cui pubblicò le Riflessioni sul Regno di Napoli, fu trasferito prima a Crotone, poi nel Salernitano; l’anno dopo fu a Postiglione, dove avrebbe impartito lezioni di diritto al giovane Pietro Colletta, del quale fu ospite durante una malattia. Fino al 1798 fu governatore di Torre del Greco, Resina e Portici, come prova un suo decreto inviato dal castello baronale di Torre del Greco al cassiere Francesco Riveccio. Nel 1799, di “conversione” al giacobinismo per Fiorentino, come per altri riformatori napoletani, è assolutamente improprio parlare: infatti, anche per lui si potrebbe parlare di un progressivo passaggio dall’illusione di una reale compartecipazione alla delusione per la progressiva chiusura attuata dalla corte ferdinandea ad uno sconfortato silenzio ed all’ultimo tentativo di riforma durante la breve, ma significativa esperienza della Repubblica napoletana. La delusione, si può ipotizzare, lo spinse a tacere fino alla proclamazione della Repubblica, quando, forse convinto dell’importanza dell’istruzione del popolo e del “nuovo cittadino”, espresse pacate e solide considerazioni nel solco delle proprie convinzioni di cultura politica. È notevole, in tal senso, che componesse un Inno a San Gennaro per la Conservazione della Libertà, pubblicato il 5 marzo del 1799, nel quale veniva invocata dal santo protettore di Napoli la assistenza ai rivoluzionari e ai francesi. In quegli stessi giorni, rivolgeva un accorato appello alla intellettualità napoletana a mezzo del discorso A’ giovani cittadini studiosi. Quando, il 9 luglio, il re giunse da Palermo, incominciarono i processi e le condanne: il 12 dicembre 1799, salutati gli amici, senza rendere penosa la separazione, con risolutezza e raccoglimento procedette verso il patibolo. Erano le 19.00. Fu sepolto nella Chiesa del Carmine maggiore.

Bibliografia

  • Mariano D’Ayala, Vite degli Italiani benemeriti della Libertà e della Patria uccisi dal carnefice, F.lli Bocca, Torino-Roma-Firenze 1883.
  • Antonio D’Andria, Per un profilo biografico e culturale di Nicola Fiorentino, in «Bollettino Storico della Basilicata», XXIX, 2013, pp. 209-227.
  • Rosa Fossanova Castrignano, Nicola Fiorentino. Un illuminista lucano nella temperie rivoluzionaria del 1799, Altrimedia, Matera 2001.
  • Raffaele Giura Longo, I lucani nel dibattito prerivoluzionario a Napoli, in L’età rivoluzionaria e napoleonica in Lombardia, nel Veneto e nel Mezzogiorno: un’analisi comparata, a cura di Antonio Cestaro, Osanna, Venosa 1999.

Article written by Antonio D'Andria | Ereticopedia.org © 2018

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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