Fergola, Nicola

Dizionario storico delle scienze naturali a Napoli dal Rinascimento all’Illuminismo


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Nicola Fergola (Napoli, 1753 – Napoli, 1824) è la figura più influente della matematica napoletana dal tardo Settecento. Fondò la cosiddetta Scuola sintetica napoletana che divenne vivaio di numerosi studiosi. La sua efficacia e semplicità didattica, la chiarezza espositiva, basata sul metodo classico geometrico, gli aprirono le porte alla cattedra di Analisi dell’Università di Napoli nel 1799.

Cenni biografici

Figlio di Luca, contabile napoletano, e di Candida Starace, Niccolò nasce a Napoli il 29 ottobre del 1753. L’amore «verso un tal figlio, che dalla più tenera età dimostrava ingegno non comune, gli fecero fare tutti gli sforzi per ben istruirlo, avendo in mira di avviarlo per l’avvocheria», professione che gli avrebbe garantito vita dignitosa, grandi fortune e onori. Dall’ampia sezione biografica dedicata a Fergola di Antonio Fazzini nei Poliorama, si desume anche che studiò letteratura latina e filosofia «nelle scuole de’ PP. Domenicani in S. Tommaso d’Aquino, ove s’imbattè disgraziatamente ad apprender Geometria». Divenne un abile schermidore, esperto di musica e di canto, e imparò a vivere nella semplicità, seguendo i valori religiosi dei domenicani: Fergola sarà un uomo profondamente religioso, esacerbando negli anni a venire questa sua devozione fin quasi al limite del fanatismo. Seguì i corsi di “legge e metafisica” all’Università di Napoli e fu particolarmente incuriosito dalle lezioni di analisi di Giuseppe Marzucco (1713-1800): in questo periodo, lo studio della matematica avanzata era relativamente scarso e Fergola, incuriosito, dovette “addentrarvi da solo” approfondendo le opere di «Pappo Alessandrino, Archimede, Newton, Eulero, Bernoulli; passava in rassegna e rendeva suo sangue tuttaquanta la letteratura matematica degli antichi e de’ moderni». Non trovando inserimento in una struttura ufficiale, nel 1771 aprì, nella sua stessa casa, una scuola privata di matematica: data la chiarezza espositiva e la passione che metteva nelle sue lezioni, intorno a lui si venne a creare un nutrito gruppo di discepoli. Si convinse, perciò, a fondare una vera e propria scuola, passata poi alla storia come Scuola sintetica napoletana. Chiamato nel 1800 dal Re a “Professore di Matematica sublime”, ebbe finalmente la cattedra universitaria, succedendo proprio a Marzucco. Nel settembre del 1821, mentre pregava nella chiesa dell’Arcivescovado, venne colpito da “apoplesia”: questa leggera paralisi ne fece peggiorare progressivamente le condizioni fino a che, il 21 giugno del 1824, sopraggiunse la morte. Fu sepolto nella chiesa di San Gaetano a Napoli. Il suo feretro “passò per Napoli con la pompa di un lutto di una pubblica sventura.”

Contributo alle scienze naturali in Napoli

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Dalla lettura delle pagine che gli storici dedicano a Fergola, emerge una valutazione non sufficientemente adeguata dell’operato di questo importante studioso a cui bisogna invece ricondurre tanta parte della matematica del Regno di Napoli, dalla fine del Settecento all’Unità d’Italia. Il contributo di Nicola Fergola è quasi esclusivamente ricordato per la sua idea di “geometria sintetica” con la quale lo studioso sottintendeva l’uso privilegiato della geometrica classica, non affidandosi ai “moderni” metodi analitici applicati alla geometria.
Una delle principali intuizioni matematiche di cui si discuteva in quel periodo, era infatti quella che suggeriva l’uso dei metodi algebrici per la risoluzione dei problemi geometrici: le figure geometriche classiche potevano essere sostituite da formule algebriche, che per lo più, avrebbero fornito soluzioni più rapide. Nel Settecento, si seguirono pertanto due diverse tendenze, quella dei cosiddetti “innovatori”, che applicavano metodi analitici ai loro problemi, e quella dei “tradizionalisti”, che preferivano affidarsi alla geometria di Euclide e di Apollonio. Tra questi ultimi vi fu anche Giambattista Vico il quale «criticava la geometria fondata sull’analisi per il suo carattere artificioso e facile, mentre apprezzava la geometria sintetica degli antichi in cui si faceva esclusivo riferimento alle figure». Nel Settecento, a Napoli, a sostegno dei due metodi, si registrarono posizioni culturali nettamente divergenti. «La scuola di matematica che saluta in Nicola Fergola il proprio duce» come riconobbe lo storico Gino Loria, è stata predominante sia per la ricerca matematica che per la didattica: intorno a lui, o contro di lui, si formarono per almeno quarant’anni tutti i matematici napoletani, tra cui vanno ricordati, tra gli altri, Annibale Giordano (1769-1835), Vincenzo Flaùti (1782-1863), Felice Giannattasio (1759-1849) e Giuseppe Scorza (1781–1843). Questi saranno coloro che caratterizzeranno la matematica napoletana sia per importanti contributi scientifici che per le posizioni nell’Università, nelle Accademie militari, ma anche nelle scuole pubbliche e private. Dato il particolare interesse che ebbero per l’Analisi geometrica degli antichi, Loria è addirittura tentato «di credere che essi avessero rinnovato a Napoli la scuola che tanti secoli addietro Pitagora aveva fondata a Crotone».
Per i suoi allievi Niccolò Fergola aveva scritto delle lezioni che non volle mai pubblicare ma che fortunatamente vengono conservate presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Nel 1791, eccezionalmente, concesse a Felice Giannattasio di rendere pubblici i suoi appunti del corso di Geometria sublime, vietandogli fermamente di citarlo come autore. In quest’opera, dal titolo Elementi della geometria sublime parte prima le istituzioni su i conici illustrate dal rev. Sacerdote d. Felice Giannattasio, Giannattasio è autore della sola parte introduttiva dedicata alla Storia delle sezioni delle coniche. I quattro libri successivi, riservati rispettivamente alla parabola, all’ellisse, all’iperbole e alle intersezioni di queste coniche, sono inequivocabilmente scritti per mano di Fergola: lo si deduce dallo stile sintetico che è al contempo elegante e rigoroso, proprio del didatta napoletano.
Nel 1779, «la rinomanza del Fergola addiventava Italiana col primo opuscolo che diede in luce: Nicolai Fergola solutiones Novorum Quorundam Problematum Geometricorum. In tal guisa mediante i suoi lavori le prostrate forze delle napoletane matematiche erano rialzate; metodi di antichi e moderni divulgati; vari teoremi dimostrati e chiariti»: queste le opinioni che già si avevano nel 1836, espresse da Antonio Fazzini.
Nel 1792, il matematico napoletano diede alle stampe le sue Prelezioni sui principi matematici della filosofia naturale di Newton, opera nella quale rivela le verità difficili e profonde dell’”immortal Newton”, le leggi del moto, delle forze della gravità e dell’attrazione. Peccato non abbia fatto altrettanto con le sue riflessioni sull’ottica e l’astronomia, con le quali avrebbe coperto tutta la filosofia newtoniana.
Sebbene preferisse risolvere un problema seguendo le regole dettate dall’antica geometria, Niccolò Fergola fece spesso uso delle più moderne teorie, laddove quelle antiche non si mostravano sufficienti. Nella Vita matematica napoletana, Federico Amodeo ricorda quanto Fergola fosse attento anche ai metodi moderni: «Voleva che da per tutto vi fosse purezza, eleganza e rigore estremo, e in questo egli intendeva che maestri a tutti erano gli antichi geometri, ma non ha mai mancato in tutte le occasioni di far vedere quanto egli apprezzasse i più grandi autori moderni». Il metodo geometrico euclideo è per lui, in un certo qual senso, legato a canoni estetici poiché stimola, più di ogni altro, le capacità inventive della mente umana.
Uomo profondamente religioso, credeva che i suoi doveri andassero ben oltre l’insegnamento della matematica, mirando a educare i suoi studenti a essere buoni cristiani ma anche buoni cittadini. Questi principi vengono inglobati nella metodologia didattica a cui Fergola dava grande peso; egli riteneva che la Matematica avesse un valore formativo che educava al corretto uso delle facoltà intellettuali e ne accresceva, come riportato nel Trattato analitico delle sezioni coniche del 1814, le due “virtù dianoetiche”, cioè l’arte di dimostrare e quella di inventare, oltre che essere il fondamento della struttura del mondo per avvicinarsi a Dio.
Molti dei trattati di Fergola, circolanti solo in forma manoscritta (probabilmente a causa della sua insoddisfazione per il grado di rifinitezza delle opere), comprendono, tra altri, gli Elementi di Algebra e le Instituzioni analitiche. Mentre nell’Algebra rientrano le nozioni elementari del calcolo letterale e la teoria delle equazioni algebriche, nelle Instituzioni sono comprese le Premonizioni dell’analisi degli infiniti e il Calcolo sublime. Si presentano come opere agevoli, ben organizzate e ben strutturate, rigorose e originali nell’impostazione, proprio nello stile del nostro scienziato.
La sua morte, che avvenne nel 1824, segnò l’inizio di uno scontro tra i discepoli per accaparrarsi i suoi manoscritti. Dopo numerosi contenziosi, la spuntò Vincenzo Flaùti che li comprò per seicento ducati utilizzandoli più come esclusiva rendita scientifica personale, anziché provvedere alla loro tempestiva pubblicazione. Dopo molti anni, infatti, ne diede alle stampe solo una minima parte, la Teorica de’ miracoli, operando anche una scelta discutibile su un’opera che sicuramente non rappresentava nella sua interezza l’impegno scientifico e il rigore del Fergola.
Nell’orazione funebre pronunciata per commemorare il celebre matematico, Gioacchino Ventura sostenne che Fergola aveva seguito le impronte di Tommaso d’Aquino: solo la purezza spirituale e l’umiltà che tanto lo avevano contraddistinto, gli avevano permesso l’accesso alle conoscenze del mondo.

Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale

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Nell’Aperçu historique sur l’origine et le développement des méthodes en géométrie di Michel Chasles, uno tra i più importanti scritti di storia del metodo geometrico pubblicati in Europa nell’Ottocento, ogni citazione di Nicola Fergola è anticipata dall’aggettivo “célèbre”, a testimonianza della fama che godeva in tutta Europa. Chasles riteneva che la geometria, così come era stata proposta da Fergola, contribuisse ad affinare lo spirito di semplicità e generalità, che, a suo parere, costituiva il carattere distintivo della geometria descrittiva.
In verità, dal 1860 in poi, Fergola venne completamente dimenticato: dopo l’Unità d’Italia, l’unica scuola di matematica riconosciuta fu quella italiana e non si fece più riferimento a situazioni geografiche specifiche come quella della matematica a Napoli.
Lo storico Gino Loria, venuto a conoscenza di contributi del Fergola proprio grazie alla lettura dell’Aperçu historique, spinto da “un senso di gradita meraviglia” e di “intensa curiosità”, si sentì in dovere di dare alle stampe il libro intitolato Nicola Fergola e la scuola di matematici che lo ebbe a duce con il dichiarato intento «di rivendicare all’Italia una gloria dimenticata, e alcune priorità in certi risultati di geometria.» Pur essendo profondo conoscitore della materia, Loria non si era mai imbattuto nel nome di Fergola, né in quelli dei suoi allievi che, evidentemente, all’inizio del Diciottesimo secolo erano sufficientemente noti da essere elogiati dallo stesso Chasles: la storiografia mostrava un vuoto che per Loria andava certamente colmato.
In verità, la scuola di Fergola era ben nota in Europa prima dell’Unità d’Italia. Nel 1788, Annibale Giordano aveva dato soluzione al noto “problema di Pappo”, riproposto e risolto solo in parte da Gabriel Cramer nel 1776, sul quale si erano imbattuti numerosi matematici senza arrivare a una soluzione abbastanza soddisfacente. Giordano, applicando le nozioni della scuola di Fergola, aveva risolto il problema per via sintetica, facendosi apprezzare in tutta Europa anche perché ne generalizzava l’applicazione.
Fergola, senza alcun dubbio, appartenne a quei “grandi matematici” che «a traverso il circolo ed il triangolo scorgevano Dio». Il suo profondo senso religioso, unito a grandi capacità intuitive, evidenziano le forti connessioni tra pensiero conservatore e ricerca scientifica che furono proprie del matematico napoletano, offrendoci una chiave di lettura che facilmente ci fa comprendere quali furono le mutazioni che a Napoli, come in tutta Europa, avevano investito, anche per sua mano, le scienze matematiche.

Bibliografia

Opere di Nicola Fergola

  • Elementa physicae experimentalis usui Tironum aptate auctore Antonio Genuensi p. p. Tomus primus accedunt nonnulae Dissertationes Physico-Mathematiae conscripae a Nicolao Fergola, Neapoli, Terres,1779.
  • Nicolai Fergola solutiones Novorum Quorumdam Problematum Geometricorum, Neapoli, apud Michaelem Morelli, 1779.
  • Solutiones novorum quorundam problematum geometricorum, Napoli, 1779.
  • Risoluzione di alcuni problemi ottici, «Atti della Reale Accademia delle scienze e belle-lettere di Napoli dalla fondazione sino all’anno 1787», Napoli, 1788, pp. 1-14.
  • La vera misura delle volte a spira, «Atti», 1788, pp. 65-84.
  • Nuovo metodo da risolvere alcuni problemi di sito e di posizione, «Atti», 1788,pp. 119-138.
  • Nuove ricerche sulla risoluzione dei problemi di sito, «Atti», 1788, pp. 157-167.
  • Elementi di geometria sublime, Parte I, Le Istituzioni sui Conici illustrate dal Sac. D. Felice Giannattasio, Napoli, 1791.
  • Prelezioni sui principi matematici della filosofia naturale del cavalier Isacco Newton, Tomo I, Napoli, 1792.
  • Prospetto di un’opera Geometrica che ha per titolo l’Arte di Inventare ridotta in un sistema didascalico, Napoli, Nella Stamperia del Corriere, 1809.
  • Estratto dal manoscritto di analisi sublime di un nostro geometra. Delle funzioni fratte e del risolvimento loro in frazioni parziali, in Opuscoli matematici della scuola del sig. N. F. parte già pubblicati e parte inediti, Napoli, Stamperia Reale, 1811, pp. 37-95.
  • Estratto dell’arte euristica di un nostro geometra ed ha per oggetto i problemi de Inclinationibus universalizzati che si posson dire delle applicazioni. Varie dilucidazioni dei problemi precedenti; Continuazione dello stesso argomento, in Opuscoli, pp. 129-186.
  • Trattato analitico delle sezioni coniche, Napoli, presso i fratelli Chianese, 1814.
  • Trattato analitico dei luoghi geometrici, Napoli, Nella Stamperia della Reale Accademia di Marina, 1818.
  • I problemi delle Tazioni risoluti con nuovi artifizii di Geometria, «Atti della Reale Accademia delle scienze», Napoli, vol. I, 1819, pp. 1-19.
  • Continuazione della precedente Memoria del Cilindroide Wallisiano ove un tal problema viene risoluto analiticamente con un metodo diretto e generale, «Atti», 1819, pp. 197-204.
  • Dal teorema Tolemaico si ritraggono immediatamente i teoremi delle Sezioni angolari di Vieta e di Wallis e le principali verità proposte nella Trigonometria analitica dei Moderni, «Atti», 1819, pp. 205-247.
  • Il teorema ciclometrico Cotesiano dedotto dalla formola dei coseni degli archi multipli, nella quale si sia praticata un’ovvia trasformazione, «Atti», 1819, pp. 249-285.
  • Il problema inverso delle forze centrali per le orbite algebriche risolvesi agevolmente per quello delle sezioni angolari, «Atti», 1819, pp. 287-315.
  • Lettera al P. Francesco Colangelo, in F. Colangelo, L’irreligiosa liberta di pensare, nemica del progresso delle Scienze, Napoli, Vincenzo Orsini, 1804.
  • Teorica de’ Miracoli, Esposta con metodo dimostrativo, seguita da un discorso apologetico sul miracolo di S. Gennaro e da una raccolta di pensieri su la filosofia e la religione, Napoli, Nella Stamperia per le opere del prof. Flauti, 1839.
  • Della invenzione geometrica, Opera postuma di Nicola Fergola ordinata, compiuta e corredata d'importanti note dal Prof. V. Flauti. Parte I, Nella Stamperia per le opere del prof. V. Flauti, 1842.
  • Degli integrali che dipendono dalla rettificazioni dell’ellisse e dell’iperbole, «Memorie della Reale Accademia delle Scienze», vol. I, 1856, pp. XXII-XXIV.
  • Sulle Concussioni, «Memorie», 1856, pp. 3-16.
  • Il problema di Keplero risoluto dal fu illustre geometra N. Fergola estratto dai suoi MSS. dal socio V Flauti, «Memorie», vol. II, 1857, pp. 156-164.
  • Divinazione del principio fondamentale pe' geometri antichi in risolvere i problemi di massimo e minimo: memoria tratta da' manoscritti di N. Fergola da V. Flauti Segretario perpetuo dell'Accademia delle Scienze e presentata ad essa nella 1a tornata del gennaio 1858, Napoli, Stamperia di Agostino De Pascale, 1861.

Studi

  • Federico Amodeo, Vita matematica napoletana. Studio storico, biografico, bibliografico, Parte 1, Napoli, Tip. F. Giannini & Figli, 1905, pp. 189-235.
  • Michel Chasles, Aperçu historique sur l’origine et le développement des méthodes en géométrie, Bruxelles, M. Hayez, 1837, pp. 46, 66.
  • Antonio Fazzini, Niccolo’ Fergola, in Poliorama pittoresco, 1836, vol. 1, pp. 305-307.
  • Giovanni Ferraro, Franco Palladino, Sui manoscritti di Nicolò Fergola (1753-1824), in «Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche-Unione Matematica Italiana», XIII, 2, 1993, pp. 147–197.
  • Giovanni Ferraro, Franco Palladino, Il calcolo sublime di Eulero e Lagrange esposto col metodo sintetico nel progetto di Nicolò Fergola, La città del sole, Napoli, 1995.
  • Vincenzo Flauti, Elogio storico di Nicola Fergola già Professore di Matematiche nella Regia Università degli Studi di Napoli, socio della Reale Accademia delle Scienze, Napoli, 1824.
  • Romano Gatto, Libri di matematica a Napoli nel Settecento. Editoria, fortuna e diffusione delle opere, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2010, pp. 112-118.
  • Roberto Mazzola (a cura di), Le scienze a Napoli tra Illuminismo e Restaurazione, Roma, Aracne Editrice, 2011.
  • Gioacchino Ventura, Elogio funebre di Niccola Fergola, pubblico professore di matematica sublime nella Regia università degli studi, recitato nella chiesa di S. Paolo Maggiore di Napoli, 1824.

Nota bene

Questo contributo rientra nelle linee di ricerca del PRIN 2017, The uncertain borders of nature. Wonders and miracles in early modern Kingdom of Naples (Cod. 2017EX5AC3).

ARTICLE WRITTEN BY CARLA PETROCELLI | STORIADELLACAMPANIA.IT © 2020

Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]

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