Squarcialupi, Marcello

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Marcello Squarcialupi (Piombino, 1538 - Alba Iulia, 1592) è stato un medico eterodosso, esule in diverse regioni europee.

Cenni biografici ed identità confessionale

Marcello Squarcialupi nacque a Piombino, Signoria indipendente retta dagli Appiano dalla fine del XIV secolo, e occupata dal Granducato di Toscana negli anni 1548-1557. Si laureò in Medicina presso l’Ateneo pisano nel 1562, ma pochi anni più tardi lasciò l’Italia per il timore di incappare nei sospetti inquisitoriali che già avevano colpito il padre, Michelangelo. Negli anni 1567-1571 Marcello visse tra Poschiavo e Piuro, nei Grigioni svizzeri, quando circolava l’Explicatio primi capitis Evangelistae Iohannis (1568) di Fausto Sozzini, lavoro nel quale il teologo senese negava il dogma trinitario e ne sottolineava il carattere puramente ideologico. Nei Grigioni Squarcialupi strinse amicizia con Francesco Betti, a sua volta in contatto con Fausto e Lelio Sozzini. Forse per questo motivo, la sua ortodossia fu messa in discussione da Scipione Lentulo, pastore riformato della Chiesa di Chiavenna (nei Grigioni). Nella seconda metà del 1572, Squarcialupi si trasferì a Basilea, dove frequentò Guarniero Castiglione, anche lui facente capo alla cerchia dei Sozzini. Queste frequentazioni hanno indotto gli storici a ipotizzare l’adesione di Squarcialupi al filone antitrinitario. A Basilea il medico piombinese conobbe anche il naturalista Theodor Zwinger, noto non soltanto per la fine erudizione umanistica e le competenze mediche, ma anche come promotore degli ideali di tolleranza religiosa. A sua volta, Zwinger raccomandò Squarcialupi all’archiatra imperiale Crato von Craftheim, uno dei massimi esponenti del panorama medico della seconda metà del Cinquecento. Dopo averlo ospitato a Vienna nella propria casa, Crato fece ottenere a Squarcialupi un incarico a Třebice, in Moravia, presso l’Unione dei Fratelli Boemi (Unitas Fratrum). Per entrare a far parte di tale comunità, nel maggio del 1575, Squarcialupi sottopose alle autorità una confessione in cui professava la fede nei sacramenti del battesimo e dell’eucarestia, e nella Trinità. La confessione tuttavia fu giudicata dai Fratelli Boemi generica e vaga. Nel settembre del 1578, il medico toscano si trasferì a Cracovia, nel cui ambiente cólto fu introdotto da Andreas Dudith-Sbardellati, ecclesiastico italo-ungherese e diplomatico imperiale. Successivamente, sul finire del 1579, Squarcialupi raggiunse Alba Iulia, dove ottenne la carica di medico personale del principe del Regno di Transilvania Sigismondo Bathory. Nonostante lo stipendio di 500 fiorini annui, verso la fine del 1585, Squarcialupi fece ritorno a Poschiavo, dove il clima più temperato era maggiormente favorevole alle condizioni di salute della moglie. Nella città grigionese, però, fu colto da una profonda delusione, dovuta insieme al fallimento di molti dei suoi progetti editoriali, all’accumulo di debiti, e all’assenza di stimoli culturali. Il disagio maturato da Squarcialupi lo indusse a progettare il ritorno ad Alba Iulia dove, nel 1588, tornò ad esercitare la professione medica. Proprio nella città transilvana Squarcialupi trascorse gli ultimi anni della sua vita, e lì si spense nel 1592.
L’incongruenza delle testimonianze che riguardano l’orientamento confessionale di Marcello Squarcialupi getta dubbi su una sua reale adesione all’antitrinitarismo. Infatti, se da una parte Squarcialupi entrò in contatto con la cerchia dei Sozzini e attirò i sospetti di Lentulo, dall’altra, la confessione di fede da lui resa ai Fratelli Boemi era perfettamente ortodossa dal punto di vista della cristologia e della trinità. Tanto più che due passi della corrispondenza di Squarcialupi con Theodor Zwinger gettano un’ombra sulla sua presunta aderenza alla dottrina antitrinitaria. Nel primo di essi, contenuto in una lettera inviata al naturalista di Basilea nell’ottobre del 1571, Squarcialupi ribadì ben due volte la presenza di Dio in Gesù Cristo. Inoltre, qualora le avesse mai condivise, Squarcialupi avrebbe avuto tutto il tempo di discostarsi dalle posizioni razionalistiche, dato che, in un’altra lettera indirizzata a Zwinger dodici anni più tardi, nel 1583, il medico toscano lasciò trapelare l’idea che il filone anabattista-radicale aggravasse quella già marcata tendenza del Cristianesimo del Cinquecento a ramificarsi in tanti, troppi rivoli. Infine, in quelle occasioni in cui fu chiamato a prendere una posizione rispetto alle dottrine di Fausto Sozzini (1581, 1583, 1584), Squarcialupi prese le distanze dalle dispute interne all’antitrinitarismo. Pur denotando un’esigenza di cautela, l’atteggiamento di chiamarsi fuori dalle contese dottrinali dimostra che il medico non fosse motivato a un coinvolgimento in dibattiti di natura dottrinale.

Leitmotive dell’esilio religionis causa

L’esperienza religiosa di Marcello Squarcialupi, che in superficie appare un po’ incoerente, deve essere interpretata alla luce del complesso contesto dell’esilio, segnato, nel caso del medico toscano, da molteplici preoccupazioni di natura professionale e socio-economica. Il suo epistolario, indirizzato ai già citati Theodor Zwinger e Crato von Craftheim, rivela non tanto un uomo impegnato nell’affermare la propria opinione in materia di fede, quanto piuttosto il dramma materiale ed emotivo dell’esilio da lui vissuto. Le personali vicende biografiche finirono per assottigliare l’interesse di Squarcialupi per le questioni di natura teologica e l’importanza che a queste ultime il medico attribuiva. Già soltanto l’elevato numero di mete geografiche da lui raggiunte, dislocate sull’intero territorio europeo da est a ovest, indica una certa inquietudine. Tanto più che il medico di Piombino sperimentò una certa insoddisfazione professionale nelle diverse realtà in cui operò. Durante l’intero esilio, protrattosi fino alla morte, Squarcialupi aspirò a una posizione professionale più gratificante e più consona alla qualifica di medicus-physicus conseguita a Pisa, e i suoi frequenti spostamenti da una regione all’altra furono dettati dal perseguimento di un più elevato status socio-economico. Durante il soggiorno basileese, mentre lavorava come correttore di bozze nell’officina tipografica di Pietro Perna, Squarcialupi maturò il desiderio di lasciare la città elvetica a causa degli scarsi guadagni. Giunto a Třebice, si risolse ben presto a trasferirsi di nuovo, non soltanto perché non era stato accolto favorevolmente dai Fratelli Boemi, ma anche perché intendeva stabilizzare le proprie risorse finanziarie. Il successivo soggiorno a Cracovia durò meno di un anno: Squarcialupi accettò un posto come medico personale del giovane principe di Transilvania, che ottenne con la mediazione di Giorgio Biandrata, a sua volta medico al servizio del re polacco Stefano Bathory. La scelta di lasciare Cracovia per Alba Iulia fu determinata non soltanto dall’offerta di uno stipendio di 400 fiorini annui, poi portati a 500, ma anche da altri fattori. Squarcialupi, uomo mite e inoffensivo, probabilmente temeva la presenza presso il palazzo reale polacco, il Wawel, di Nicolò Buccella, chirurgo padovano e, al contrario, professionista competitivo e spregiudicato. Inoltre, secondo una testimonianza di Dudith risalente al tardo settembre del 1578, sembra che i comportamenti di Squarcialupi suscitassero qualche malumore in seno all’alta società polacca. La critica ai costumi di Squarcialupi potrebbe riferirsi al prestito a interesse che, come Buccella e altri membri della colonia italiana a Cracovia, anche il medico piombinese forse praticava. Più in generale, però, le usanze italiane, accettate per lo più come prodotto esotico di estremo interesse, suscitavano di fatto una vivace opposizione nella società polacca. Ad Alba Iulia Squarcialupi riuscì a conquistare il favore del principe Sigismondo Bathory, del Grande Cancelliere Wolfgang Kovacsóczy, e dei maggiorenti del Regno. La corte transilvana gli corrispondeva una lauta remunerazione, che il medico integrava con il commercio di vino. Il successivo soggiorno a Poschiavo si rivelò alquanto deludente per la mancanza di stimoli professionali e culturali, e Squarcialupi tornò ad Alba Iulia. L’intera successione delle sue peregrinazioni fu segnata da costanti preoccupazioni di ordine materiale: la necessità di mantenere una famiglia numerosa (aveva almeno quattro o cinque), dalla quale dovette dolorosamente separarsi per lunghi periodi, la necessità di estinguere piccoli debiti, la mancata riscossione di guadagni dovuti per le prestazioni mediche da lui erogate a livello privato, le difficoltà di pubblicare molti dei suoi manoscritti, legate sia a intoppi di natura pratico-logistica, sia anche alle resistenze non infrequenti dei tipografi.
Ciononostante, Squarcialupi riuscì a dare alla luce alcune opere degne di nota: la Difesa contra la peste (1565), elogiata dal medico tedesco Joachim Camerarius il Giovane, e il De cometa in universum, […] opinio (1580), trattato in cui veniva confutata la tesi, allora dominante, secondo cui le comete, segni premonitori dell’ira divina, annuncerebbero presagi di sciagura. Al contrario, Squarcialupi riconduceva le comete nell’ambito dei fenomeni naturali, soggetti a leggi necessarie e universali che nulla avevano a che fare con presunti prodigi. La scrupolosità scientifica del medico toscano è percepibile anche nella sua De fontium et fluviorum origine ac fluxu, opinio (1585). Infine, in una lettera a Crato del 24 gennaio 1574, ruotante intorno alle cause e alla natura del singhiozzo, Squarcialupi espresse in nuce il proprio ‘manifesto’ scientifico: non la pedissequa ripetizione di ciò che altri avevano già riferito su un determinato argomento, ma la ricerca di cose migliori; non il timore di controbattere alle asserzioni dei dotti non sufficientemente fondate, ma la verifica empirica di ogni affermazione.

Bibliografia

  • Alessandra Quaranta, Medici italiani eretici nella seconda metà del Cinquecento. L’esilio nelle terre tedesche, New Digital Press, Palermo 2019, spec. pp. 116-151.
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  • Ead., Exile Experiences Religionis causa and the Transmission of Medical Knowledge between Italy and German-Speaking Territories in the Second Half of the Sixteenth Century, in Cornel Zwierlein and Vincenzo Lavenia (ed.), Fruits of Migration. Heterodox Italian Migrants and Central European Culture 1550-1620, Brill, Leiden-Boston 2018, pp. 72-101.
  • Alessandra Celati, Squarcialupi, Marcello, in DBI, vol. 93 (2018).
  • Guido Masi, I rapporti tra il Granducato di Toscana e il Principato di Transilvania (1540-1699). Un caso: i fratelli Genga, Aracne, Roma 2015, passim.
  • Claudio Madonia, Marcello Squarcialupi, in André Séguenny (a cura di), Bibliotheca dissidentium, vol. 16, Koerner, Baden-Baden 1994.
  • Id., Marcello Squarcialupi tra Poschiavo e Alba Iulia. Note biografiche, in Alessandro Pastore (a cura di), Riforma e società nei Grigioni, Valtellina e Valchiavenna tra ’500 e ’600, Angeli, Milano 1991, pp. 89-107.
  • Gianpaolo Zucchini, Per la ricostruzione dell’epistolario di Marcello Squarcialupi: alcune lettere inedite dai Grigioni (1586-1588), in Róbert Dàn and Antal Pirnàt (ed.), Antitrinitarism in the Second Half of the 16th Century, Akadémia, Budapest-Leiden 1982, pp. 323-340.
  • Id., Un eretico italiano tra Grigioni e la Transilvania, in Valerio Marchetti e Gianpaolo Zucchini (a cura di), Le regole del gioco e l’eresia, Centro Stampa “Lo Scarabeo”, Bologna 1981, pp. 83-115.
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  • Amedeo Molnár, Marcello Squarcialupi et l’Unité des Frères Tchèques, in “Bollettino della società di studi valdesi”, 58, 100, 1956, pp. 3-20.

Testi on line

  • I Turchi all'Elba (resoconto delle incursioni dei Turchi contro l'isola dell'Elba nel 1553 e nel 1555, di molto dubbia attribuzione)
  • Difesa contra la Peste. Appresso Francesco Moscheni, Milano 1565

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Voci correlate

Article written by Alessandra Quaranta | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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