Giustiniani, Marcantonio

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Marcantonio Giustiniani (Giustinian) di Nicolò (Venezia, 15 dicembre 1516 – Cefalonia, 25 luglio 1571) fu un patrizio veneziano, tipografo ed editore di libri ebraici.

La stamperia Giustiniani cominciò a funzionare nel 1545 e fino alla cessazione della sua attività nel 1552 si distinse come la maggiore casa editrice di libri ebraici a Venezia. Stampò ottantasei opere ebraiche, tra cui anche il Talmūd babilonese (1551). Al fallimento dell’editore Giustiniani contribuirono da una parte la sua accesa concorrenza con la casa editrice di Alvise Bragadin, anch’egli patrizio veneto, per la pubblicazione del codice di diritto talmudico Mishnāh Tōrāh di Maimonide (1550), e dall’altra le conseguenti misure restrittive imposte dalla Chiesa romana alla pubblicazione di libri ebraici. In conformità al decreto di papa Giulio III (12 settembre 1553) sulla confisca e il rogo di tutti i libri del Talmūd, l’opera in questione e le sue epitomi furono date alle fiamme nelle piazze sia di Venezia che delle altre città dei territori veneziani di terra e da mar. La stamperia subì un danno di circa 24.000 ducati, a causa della distruzione di un elevato numero di copie del Talmūd babilonese che non erano state ancora distribuite sul mercato. La situazione peggiorò ulteriormente per Giustiniani e gli altri commercianti di libri ebraici quando nel 1568 gli Esecutori contro la bestemmia sequestrarono e distrussero a Venezia molti libri ebraici perché non erano stati approvati dalla censura preventiva.
Successivamente a questi fatti e negli ultimi anni della sua vita Marcantonio Giustiniani ricoprì la carica pubblica di provveditore di Cefalonia (27 marzo 1569 – 7 marzo 1571). Durante il suo mandato, il segretario del Reggimento locale Don Angelo Fasoli lo accusò presso il Sant’Uffizio di pubblicare illegalmente nella sede dell’amministrazione dell’isola libri arabi ed ebraici proibiti o non controllati dalla censura, e di commerciarli nell’area del Mediterraneo orientale e del Medio Oriente, e forse anche nella stessa Venezia. Come si deduce dagli atti processuali, gli artigiani specializzati assunti da Giustiniani preparavano: a) la stampa di 50 carte geografiche di tutto il mondo conosciuto e di un testo di preghiere di 30 facciate in lingua turca; b) la rilegatura o anche la ristampa di libri ebraici. Probabilmente si trattava di volumi ebraici che erano sfuggiti alle misure restrittive degli anni precedenti e che il provveditore aveva trasportato da Venezia a Cefalonia, o anche di ristampe di edizioni che erano state distrutte a Venezia. Ciononostante, grazie al voluto ritardo dell’Inquisizione, le indagini non riuscirono a individuare colpe di Giustiniani. L’Inquisizione riservò addirittura lo stesso trattamento privilegiato anche al figlio del patrizio veneto Antonio quando, tre anni dopo, trasportò quattordici casse di libri ebraici da Cefalonia a Venezia.

Bibliografia essenziale

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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