Léger, Jean

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Jean Léger (Villasecca, val Germanasca, 2 febbraio 1615 - Leiden, 1670) fu pastore riformato a Prali, Rodoretto e San Giovanni, moderatore delle chiese valdesi e pastore della chiesa riformata di lingua francese a Leida.

Protagonista e testimone del massacro dei valdesi (le cosiddette Pasque Piemontesi, 25-27 aprile 1655), ne fornì uno dei primi resoconti storiografici nei due volumi della sua Histoire générale des Eglises Evangeliques des vallées du Piemont ou Vaudoises pubblicata a Leida nel 1669, per la quale è considerato uno dei principali storici valdesi del Seicento.

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Biografia

Origini familiari

Jean Léger nacque il 2 febbraio 1615 a Villasecca, una borgata della val san Martino (attuale val Germanasca, sulle Alpi piemontesi a ca 50 km ovest di Torino). Le principali informazioni sulla sua vita provengono dall'autobiografia che lo stesso Léger allegò a conclusione della sua Histoire générale. Nel descrivere le sue origini familiari, Léger tiene a dimostrare che la sua genealogia comprendeva molti pastori e barba, i predicatori itineranti del valdismo quattrocentesco e pre-riformato.
Suo padre Jacques era sindaco e "console generale" della valle, suo zio Antonio era stato moderatore delle chiese valdesi e, dal 1643 in poi, si era trasferito a Ginevra dove per un certo tempo aveva guidato l'Academie des Pasteurs come rettore. Dalla parte di sua madre, Caterina Laurenti, Léger poteva vantare una lunga genealogia di pastori, medici e barba, alcuni dei quali erano compresi nella "lista de i Barba o sia Ministri" che il pastore riformato Gerolamo Miolo aveva composto nel 1587, a dimostrazione della continuità ideale tra il valdismo tardomedievale e il valdismo riformato dei secoli XVI e XVII. Lo stesso Léger concludeva la presentazione della sua genealogia spiegando al lettore che "par ma ligne sacerdotale continuée depuis plus de quatre cents ans (…) l’arche de l’alliance à toujours esté logé en notre maison & mes Ancétres employés à la charge du Sanctuaire".

Formazione

Nel 1629, all'età di quattordici anni, Léger iniziò gli studi di teologia a Ginevra legandosi al reggente della quinta classe dell'Accademia, monsieur Crespin, "qui exerceoit la Bourgeoisie dans l'exercice de l'art Militaire". Durante il suo soggiorno a Ginevra il Léger conobbe Carlo Gustavo di Zweibrücken, principe Palatino e futuro re di Svezia: stando alla sua autobiografia lo salvò dall'annegamento gettandosi nelle gelide acque del Lemano, nelle quali il principe si era immerso per un bagno. Léger mantenne solidi contatti con Carlo Gustavo di Svezia, soprattutto negli anni della resistenza valdese dopo il massacro del 1655.

Nel 1639 Léger fece ritorno in patria e ordinato pastore con l'incarico di prestare servizio pastorale presso le comunità di Prali e Rodoretto, in alta val Germanasca. L'anno seguente si sposava con Maria Pellengo, figlia del capitano delle milizie ducali Giacomo Pellengo. Quella di Prali e Rodoretto fu la sua prima esperienza come pastore di quelle comunità montane. In quegli anni Léger fu coinvolto in un caso di presunta stregoneria come accusatore - insieme agli anziani del suo concistoro - di alcuni uomini e donne delle valli sospetti di licantropia. Tutti i denunciati furono rilasciati dal prefetto della provincia di Pinerolo, il conte Giovanni Angelo Ressano, acerrimo nemico di Antonio Léger, zio di Jean e moderatore delle chiese valdesi del Piemonte.
A seguito dell'esilio forzato di suo zio dal Piemonte, accusato dal prefetto Ressano di essersi provvisto di milizie per resistere agli ufficiali sabaudi, nel 1643 Jean Léger fu trasferito alla parrocchia di San Giovanni, dove lo zio Antonio esercitava il ministero pastorale, e prese il suo posto come moderatore delle chiese valdesi.

Léger e le "Pasque Piemontesi"

"Jusqu'à l'an 1655 il ne m'arriva pas grand chose d'extraordinaire: je continuay à prendre tout le soin qu'il me fut possible des affaires des Vallées (…): faire leurs Apologies, dresser leurs Remonstrances, former leurs Requestes &c, et convoquer au besoin leurs Assemblées Générales". Così Léger descrive gli anni di pastorato a San Giovanni compresi fra il suo ingresso nella comunità e il massacro del 1655, l'episodio destinato a cambiare il suo destino insieme a quello di tutti i valdesi.

Il 17 aprile del 1655 le truppe del marchese Giacinto Simiana di Pianezza prendono quartiere a San Giovanni, mentre un consiglio generale delle valli discute sul da farsi: accettare l'alloggiamento e obbedire agli ordini ducali (che prevedevano lo sgombero dei valdesi dalle comunità del fondovalle, escluse dai "limiti di tolleranza") o resistere con le armi ai soldati. Léger si distingue subito come uno dei principali sostenitori della seconda opzione. Meno di una settimana dopo le truppe del Pianezza, accresciute in numero grazie all'arrivo di un reggimento francese comandato dal maresciallo Jacques Rouxel de Grancey, danno l'assalto alle barricate costruite dai ribelli e, dopo aver disperso la resistenza, scatenano un duro massacro della popolazione civile.
Léger riesce a fuggire fortunosamente oltre confine, nelle terre sotto dominio francese, dove trova numerosi altri esuli scampati alla carneficina. Il 27 aprile 1655 convoca un'assemblea di pastori e sindaci per decidere il da farsi: una parte dei profughi è convinta della necessità di piegarsi agli ordini ducali e - se necessario - abbandonare per sempre le valli pur di continuare a professare la religione riformata. Léger guida invece un gruppo di pastori e sindaci decisi a proseguire la lotta di resistenza. Vengono prese tre decisioni destinate a cambiare il corso degli eventi: si riorganizzano le milizie valdesi, affidate alla guida di quattro capitani (Giosuè Gianavello, Francesco Laurenti, Jacques Peyronel, Bartolomeo Jahier); si redige una Lettres des fidèles exilés indirizzata alla Compagnia dei Pastori di Ginevra, nella quale si chiede assistenza politica e consiglio; e viene deciso che lo stesso Jean Léger intraprenda un viaggio a Parigi e Londra per sollecitare un intervento diplomatico delle due potenze per mitigare la repressione ducale.

Léger parte per la Francia, si ferma a Grenoble dove fa stampare un manifesto di denuncia del massacro da far circolare in tutta l'Europa riformata, e giunge a Parigi accolto dall'ambasciatore delle Province Unite, William Boreel, che lo aiuta a prendere contatto con Mazzarino per inoltrare la sua richiesta di aiuto. Sempre su consiglio di Boreel, Léger decide di non imbarcarsi sulla nave che da Dieppe lo avrebbe portato a Londra, per prendere contatto diretto con Oliver Cromwell, poiché la sua presenza in Inghilterra avrebbe insospettito Mazzarino, che vedeva nel Lord Protettore un pericoloso sobillatore degli ugonotti delle province meridionali del regno. Léger decide di scrivere un appello rivolto a Cromwell, già da tempo informato dei fatti dal suo ambasciatore a Zurigo, John Pell. La sua missione si è conclusa: torna in Piemonte (luglio 1655) giusto in tempo per prendere la guida della delegazione valligiana invitata al tavolo del negoziato apertosi a Pinerolo su iniziativa dell'ambasciatore francese, Enemond Servient.

Le Patenti di grazia e perdono emanate il 18 agosto 1655 pongono fine alle ostilità e ristabiliscono i valdesi nel possesso delle loro terre, anche se ribadiscono l'ordine di sgombero dalle comunità del fondovalle che aveva fornito il pretesto della repressione ducale. Da questo momento in poi Léger si trova impegnato in una dura battaglia interna alle comunità tra coloro che intendevano accettare la pace e coloro che intendevano riprendere la guerriglia per strappare al duca condizioni più vantaggiose.

Dalla seconda missione di Léger all'esilio olandese (1656-1661)

La pace siglata con il duca Carlo Emanuele II era stata raggiunta in soli diciannove giorni di negoziato, completamente diretto dall'ambasciatore francese in Piemonte - che temeva un allargamento della rivolta nelle terre sotto dominio francese - e la presenza di una delegazione dei cantoni evangelici di Zurigo, Berna, Basilea e Sciaffusa. Sia il duca di Savoia sia il re di Francia avevano premura che il conflitto fosse chiuso rapidamente, prima che giungessero a Torino George Downing - ambasciatore speciale di Oliver Cromwell - e Roelof Van Ommeren - delegato dalle Province Unite. Da tempo i governi inglese e olandese avevano contatti frequenti con i ribelli valdesi, e nel luglio del 1655 avevano deciso di alzare il livello della loro pressione diplomatica sul governo ducale minacciando un intervento diretto al fianco dei valdesi qualora il duca di Savoia non avesse accettato le loro condizioni di pace: reintegro dei valdesi nelle loro terre, abolizione dei "limiti di tolleranza" del culto riformato, punizione esemplare dei responsabili del massacro, indennità per i danni arrecati alle comunità nel corso delle operazioni militari. Si trattava di condizioni troppo dure che il duca di Savoia non avrebbe mai accettato.

Il dopoguerra si aprì quindi in un clima di malumori diffusi. Jean Léger continuò ad adoperarsi per le comunità valdesi, dove le milizie comandate dal capitano Giosuè Gianavello non avevano affatto appeso le armi al chiodo ed anzi continuavano una sotterranea guerriglia contro i "papisti" che nell'aprile del 1655 avevano preso parte alla carneficina. Nel corso di un'assemblea pubblica convocata nel 1656, la fazione più radicale aveva espresso l'intenzione di proseguire il conflitto fino alla completa riparazione dei torti subiti (“la guerra di Luserna non finirebbe sin tanto che M. R. [madama reale] (…) non li dasse nelle mani la testa dell’Eccellentissimo Marchese di Pianezza"). In quella stessa occasione la congregazione dei pastori e i consigli di valle autorizzarono Jean Léger a compiere un secondo viaggio in Francia e in Inghilterra per perorare la causa valdese e soprattutto per ottenere da Oliver Cromwell il saldo delle 150.000 sterline che il Lord Protettore aveva promesso per contribuire al ristabilimento delle chiese riformate del Piemonte.

La questione delle elemosine raccolte dalle chiese riformate europee fu fatale alla carriera politica di Léger. Mentre il pastore valdese era impegnato nella sua seconda missione diplomatica all'estero, nelle valli un gruppo di uomini guidato da un ex-gesuita francese convertitosi alla Riforma, tale Longueuil, e dal cognato dello stesso Léger, il chirurgo Michele Bertram, aveva stilato una petizione per chiedere al Sinodo locale la rendicontazione completa delle collette inglesi e francesi, giustificando la richiesta con il sospetto che Léger avesse stornato una parte consistente di questo denaro in un fondo depositato a suo nome presso alcuni banchieri svizzeri. La petizione circolò tra le comunità di valle e raccolse numerose adesioni, suscitando l'immediata reazione dei sostenitori del Léger che - Gianavello in testa - scatenarono una durissima campagna di intimidazioni e minacce contro quelli che erano ormai chiamati i "longueillistes". Costoro infatti avevano presentato la loro petizione in tutte le sedi possibili: dal Sinodo delle valli riunito a Chiotti (luglio 1659), al Sinodo del Delfinato riunito a Veynes (settembre 1659) e al Sinodo Nazionale di Loudun (novembre 1659-gennaio 1660). Oltre ad accusare Léger di peculato, i dissidenti denunciavano in generale il clima politico che si era instaurato nelle valli, paragonato senza mezzi termini alla "tirannia" che il "Re Faraone" esercitava sui "figlioli d'Israel in Egitto".

I "longueillistes" furono censurati in tutte le sedi della gerarchia sinodale, sicché all'inizio del 1660 essi rivolsero le loro lagnanze direttamente al duca di Savoia. Contemporaneamente, il Senato di Torino apriva un fascicolo contro Jean Léger, accusato non solo di peculato ma di aver ordinato una catena di omicidi commessi dai suoi fedeli miliziani, che ancora giravano armati per le valli.
Le indagini del Senato di Torino, che si avvalevano di numerose denunce raccolte fra gli stessi valligiani, insieme alle iniziative dei "longueillistes" scatenarono una violenta faida tra fazioni rivali, fatta di minacce, attentati, omicidi. Lo stesso Léger scampò a due attentati alla sua vita, in un'escalation di violenze che convinse il Sinodo delle valli a dispensare il pastore dalle sue funzioni e autorizzarlo a espatriare in Svizzera (ottobre 1661) due mesi prima che il Senato di Torino emettesse la durissima sentenza di impiccagione, esposizione de cadavere, confisca di tutti i beni, distruzione della sua casa ed erezione di una colonna infame sulle macerie dell'abitazione.

L'esilio olandese e la composizione dell'Histoire générale

Nel maggio del 1663, dopo due anni di esilio in Svizzera, Léger si insediava a Leida come pastore della chiesa riformata di lingua francese della città olandese. Non aveva smesso tuttavia di adoperarsi per le sue comunità, dove nel frattempo si era nuovamente aperto il conflitto fra le truppe ducali e i miliziani valdesi guidati dal "bandito" Giosuè Gianavello. Nel 1662 dava alle stampe una Treshumble Remonstrance touchant le Pitojable estat ou se trouvent a present reduittes les Pauures Esglises Euangeliques des Vallees de Piemont a cause de l’alteration & violation de leurs concessions & particulierement, de la patente du 1655 pubblicata anonima presso l'editore Jacob Albretz di Haarlem. Il pamphlet si concentrava sulle continue violazioni che il governo ducale aveva messo in opera contro gli accordi di pace dell'agosto 1655 e ritornava sulla questione della denuncia di peculato sulle elemosine, nel tentativo di dimostrare che la fazione dei "longueillistes" era in realtà manovrata dal marchese di Pianezza e dallo stesso governo ducale. Un anno dopo riesplodeva il conflitto fra le valli e il duca. Privata della guida politica di Jean Léger, la resistenza valdese si trasformò in una violenta guerriglia fra bande che terminò nel febbraio del 1664, con la firma di un accordo di pace destinato a mettere fine al lungo contenzioso fra le comunità valdesi e il governo ducale.

Frattanto Léger si adattava alla sua nuova condizione di esiliato. La moglie Maria Pellengo - morta nel 1663 - era rimasta in Piemonte con i figli a tenere i possedimenti di famiglia sfuggiti alle confische ducali. Rimasto vedovo, nel 1665 Léger si sposò in seconde nozze con Catherine Le Marie du Courbet di Utrecht, vedova di un gentiluomo d'armi francese impiegato al servizio degli Stati Generali delle Province Unite. A Leida Léger riprese il lavoro di redazione di una monumentale Storia dei Valdesi che il Sinodo delle valli gli aveva già affidato nel 1646, a continuazione dell'opera che il suo precedessore Pierre Gilles, moderatore delle chiese valdesi, aveva portato a compimento nel 1642. Nasceva così l'Histoire générale des Eglises Evangeliques des Vallées du Piemont ou Vaudoises, che vide la luce a Leida presso l'editore Jean Le Carpentier. Il testo era diviso in due tomi, dedicati rispettivamente all'analisi dei costumi e della dottrina dei barba quattrocenteschi e al resoconto delle persecuzioni del 1655-1664.

L'opera ebbe un certo successo in ambito riformato. Oltre all'edizione originale, in francese, se ne contano una in olandese pubblicata nel 1670 ed una in tedesco pubblicata nel 1750. Sul piano rigorosamente formale l'Histoire générale copiava integralmente alcuni passi dalla History of the Evangelical Churches of the valleys of Piedmont uscita a Londra nel 1658 dalla penna dell'ambasciatore inglese Samuel Morland, l'uomo al quale Oliver Cromwell aveva affidato nel 1655 l'incarico di una prima missione diplomatica presso la corte sabauda a favore dei valdesi. Morland ebbe modo di utilizzare ampiamente documenti quattrocenteschi (in particolare poemi edificanti e testi di dottrina valdese) che lo stesso Jean Léger gli affidò nel 1655 onde sottrarli alla furia e ai saccheggi delle truppe ducali. Nonostante l'evidente similarità tra le due opere, l'Histoire générale si distingue dalla History of the Evangelical Churches del Morland per la presenza di un ampio apparato iconografico che descrive le principali atrocità commesse nel corso del massacro del 1655 e soprattutto per gli elementi autobiografici che Léger volle inserire sia tra i capitoli del libro sia in un'appendice intitolata Abregé de la vie de Jean Léger.

Jean Léger si spense a Leida nel 1670, all'età di cinquantacinque anni, mentre nelle valli valdesi le comunità si piegavano a firmare una dura sottomissione al governo ducale che metteva la parola fine ad un quindicennio di guerra.

Opere di Jean Léger

  • Treshumble Remonstrance touchant le Pitojable estat ou se trouuent a present reduittes les Pauures Esglises Euangeliques des Vallees de Piemont a cause de l’alteration & violation de leurs concessions & particulierement, de la patente du 1655, Haarlem, Jacob Albretz, 1662.
  • Apologia, delle Chiese Riformate delle Valli di Piemonte fatta in diffesa dell’Innocenza del Signore Giovanni Legero, Pastore della Chiesa Riformata di St. Gio & Moderatore del loro Sinodo; contra le Imposture di un Michaele Villanoua, & Giovanni Virtu & altri falsi delattori esaminata & Sottoscritta nell’Assemblea d’esse Chiese alli Malani, li 13. Settembre 1661. Presentata a gl’Eccellentissimi, ed Ilustrissimi Signori Delegati di S.A.R. per le Cause contra dette Valli, Haarlem, Jacob Albretz, 1662.
  • Histoire générale des Eglises Evangeliques des Vallées du Piemont ou Vaudoises, Leiden, chez Jean Le Carpentier, 1669.

Opere attribuite a Jean Léger

  • Recit veritable de ce qui est arrivé depuis peu aus Vallées de Piémont, Paris, 1655.

Bibliografia

  • Augusto Armand-Hugon, Storia dei valdesi. Dal Sinodo di Chanforan all'emancipazione (1532-1848), Claudiana, Torino 1974.
  • Enea Balmas, Grazia Zardini Lana (a cura di), La vera relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell'anno 1655. Le "Pasque piemontesi" del 1655 nelle testimonianze dei protagonisti, Claudiana, Torino 1987.
  • Jean Jalla, Jean Léger (1615-1670), Société d'Histoire Vaudoise, Torre Pellice 1925.
  • Martino Laurenti, I Confini della comunità. Conflitto europeo e guerra religiosa nelle comunità valdesi del Seicento, Claudiana, Torino, 2015.
  • Martino Laurenti, Il Consiglio e il Concistoro. Religione e organizzazione politica nelle comunità valdesi delle Alpi occidentali, 1570-1670, in "Histoire des Alpes - Storia delle Alpi - Geshichte der Alpen", n. 18, 2013, pp. 53-71.
  • Martino Laurenti, Generazioni politiche in una comunità rurale di antico regime. La generazione del pastore valdese Jean Léger e un caso di stregoneria, 1640-1655, in "Quaderno di Storia Contemporanea", n. 53, 2013, pp. 13-22.
  • Mia van Oostveen, Correspondance de Jean Léger, in "Bollettino della Società di Studi Valdesi", nn. 92 e 93, 1971-1972, pp. 55-82 e 43-58.
  • Laura Ronchi De Michelis, Léger, Jean in DBI, vol. 64 (2005).
  • Daniele Tron, Jean Léger e la storiografia valdese del Seicento, in "Bollettino della Società di Studi Valdesi", n.172, 1993, pp. 82-90.

Voci correlate

Article written by Martino Laurenti | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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