Giulia da Bologna

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Giulia da Bologna è stata una donna processata per stregoneria a Modena tra il 1518 e il 1519.

Le notizie biografiche a riguardo sono molto lacunose, e i pochi elementi a disposizione sono deducibili dal processo per stregoneria a suo carico, che si aprì a Modena il ventisette dicembre del 1518, presso la chiesa di San Domenico, sede dell'Inquisizione locale (Archivio di Stato di Modena = ASM, Inquisizione, B. 2, bb. 22).
Concubina del sacerdote Gimignano da Trento da svariati anni, e per questo motivo piuttosto malvista in città, Giulia era solita occuparsi sia di magia amatoria sia di magia terapeutica, dedicandosi spesso alla guarigione dei bambini.
L'inchiesta a suo carico durò dieci mesi; si concluse il 7 ottobre del 1519 e fu condotta principalmente da Bartolomeo Spina, all'epoca vicario dell'inquisitore di Ferrara Antonio Beccari.
Le deposizioni rilasciate furono nove, ma i testimoni convocati furono otto, cinque uomini e tre donne; tra costoro Elisabetta Canadarini fu ascoltata due volte.
Fu proprio la Canadarini a denunciare Giulia, sfruttando il tempo di grazia concesso ai cittadini per denunciare gli eretici in occasione dell'insediamento del nuovo inquisitore nella rispettiva diocesi. Nei mesi successivi, a presentarsi davanti all'inquisitore furono i clienti di Giulia, cioè persone che si erano rivolte a lei per questioni sentimentali oppure di salute.
Accusata di rivolgere preghiere al diavolo, di fare incantesimi d'amore e fatture varie con ossa polverizzate e, infine, sospettata di avere provocato il decesso di una bambina, Giulia comparve davanti ai giudici per la prima volta il 20 settembre del 1519, negando le accuse a lei mosse. Condotta in carcere e interrogata nuovamente due giorni dopo, iniziò a vacillare ammettendo di avere curato la figlia della vicina con un bagno caldo di acqua ed erbe aromatiche, ma negando con forza di avere invocato il demonio.
Vista l'ostinazione della donna, intervennero sia Antonio Beccari, inquisitore generale dei domini estensi sia Tommaso da Forno, suffraganeo del vescovo cittadino, che decisero di sottoporla a tortura; sollevata per le braccia più volte, l'imputata cedette confessando i crimini a lei attribuiti.
È da segnalare che nel corso delle sue deposizioni - complessivamente cinque, rilasciate tra il 20 settembre e il 7 ottobre 1519 - l'imputata abbia messo in luce il particolare sistema di interdisciplinarità terapeutica presente a Modena nei primi anni del sedicesimo secolo così come la presenza di alcuni elementi culturali precristiani, ancora ben radicati in area emiliana.
In particolare, Giulia sostenne di avere fatto battezzare una calamita da un sacerdote e di avere insegnato ad altre donne incantesimi d'amore e scongiuri vari. Infine, si soffermò su alcune preghiere rivolte in ginocchio alla luna e alle stelle affinché i loro raggi colpissero il cuore della persona desiderata: «dico un salve santa luna nova nominando et stellam dianam: rogando per tamen orationem ut radii stelares irent ad cor eius quis querebat ad se conducere» (ASM, Inquisizione, B. 2, bb. 22, [c. 20r]).
Il 7 ottobre, Giulia da Bologna abiurò; fu condannata dai giudici a cibarsi di pane ed acqua ogni venerdì per un anno e, sempre per un anno, il venerdì, a recitare in ginocchio il rosario.

Bibliografia

  • Domizia Weber, Sanare e maleficiare. Guaritrici, streghe e medicina a Modena nel XVI secolo, Carocci, Roma 2011.

Article written by Domizia Weber | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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