Estaing, François d'

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


François d'Estaing (château de la Salle, Prades-d'Aubrac, Aveyron, 6 gennaio 1462 - Rodez, 1° novembre 1529) è stato un vescovo francese.

Biografia

Figlio di Gaspard Ier d'Estaing e di Jeanne de Murols, apparteneva a una famiglia di antica nobiltà con solide alleanze nel Midi della Francia.
Studiò a Tolosa e a Parigi e si addottorò in diritto canonico presso l'Università di Pavia nel 1488. Intrapresa la carriera ecclesiastica fu canonico a Rodez e a Lione, prima di divenire abate commendatario di Saint-Chaffre nel 1493. La sua ambizione di essere nominato vescovo di Rodez fu coronata nonostante la presenza di un forte concorrente, Charles de Tournon, appoggiato dal re di Francia (Francesco I) e dal papa (Alessandro VI). Eletto dal capitolo cattedrale del 1501, poté prendere possesso della diocesi solo nel 1504, a seguito della morte di quest'ultimo, cedendo alla famiglia Tournon la propria abbazia.

Di orientamento spiccatamente gallicano, si adoperò molto per la riforma della Chiesa nella propria diocesi, coadiuvato dall'umanista Alain de Varène, suo vicario generale dal 1516, organizzando sinodi e visite pastorali regolari, prestando molta attenzione alla moralizzazione del clero secolare, promuovendo l'istruzione dei fedeli, i culti dell'Eucarestia e dell'angelo custode. Diede grande impulso ai lavori per il completamento della cattedrale di Rodez, in particolare facendo ricostruire il monumentale campanile, alto più di 80 metri e sormontato da una statua dorata della Vergine.

La storiografia cattolica lo considera un importante iniziatore o quantomeno precursore della "Riforma cattolica" in Francia.

Bibliografia

  • Philippe Hamon, Estaing, François d', in La France de la Renaissance, pp. 795-796.
  • Nicole Lemaître, Le Rouergue flamboyant : clergé et paroisses du diocèse de Rodez, 1417-1563, Éditions du Cerf, Paris 1988.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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