Renato, Francesco (Francesco Calabrese)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Francesco Renato, o meglio Francesco Calabrese (o Francesco di Calabria), è stato un predicatore cappuccino ed eretico radicale del XVI sec.

Nato a Crotone, legato a Bernardino Ochino, fu attivo tra i ranghi dell'ordine cappuccino in Lombardia tra la fine degli anni trenta e l'inizio degli anni quaranta del XVI sec. Fondò a Como un'Opera della Misericordia e nel 1542 divenne vicario provinciale dell'ordine. Tentò di aiutare l'Ochino, appena fuggito dall'Italia, intercedendo (senza successo) presso il vescovo di Verona Gian Matteo Giberti perché procurasse a quest'ultimo un salvacondotto papale che ne permettesse il rientro.
Svestitosi quindi dell'abito, lo stesso Francesco Calabrese fuggì nei Grigioni, dove assunse il cognome di Renato. Nei Grigioni predicò dottrine radicali: il battesimo degli adulti, la predestinazione degli eletti, la salvezza per grazia e il sonno delle anime. La sua predicazione riscosse molto successo ma lo rese inviso a cattolici e protestanti. Fu costretto a difendersi di fronte ad entrambi in una disputa pubblica a Süss nel 1544, a seguito della quale fu espulso dai Grigioni.
Rientrò quindi in Italia, stabilendosi a Napoli tra 1544 e 1545. Qui venne a contatto con i valdesiani radicali, seguaci di Juan de Villafranca, assumendo un ruolo di primo piano all'interno del gruppo. Francesco Calabrese/Renato andò ben oltre le dottrine del Villafranca, spingendosi fino a una critica radicale delle Sacre Scritture e contestando in particolare la veridicità del Nuovo Testamento e il fatto che Gesù fosse da considerarsi vero Messia. Inoltre affermò la mortalità delle anime dei malvagi e la resurrezione delle anime dei soli eletti.
Tra 1546 e 1547, Calabrese/Renato, insieme ad altri compagni, abbandonò Napoli alla volta di Venezia, ma fu catturato durante il viaggio. A partire da questo momento se ne perdono le tracce.

Bibliografia

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2015

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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