Crociata contro i catari (1209-1229)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


La crociata contro i catari (1209-1229) venne bandita da papa Innocenzo III nel 1209 e terminò nel 1229 con la pace di Meaux-Paris: venne siglata da un lato, per il re Luigi IX di Francia (San Luigi) da sua madre, la regina reggente Bianca di Castiglia e dall'altro da Raimondo VII conte di Tolosa; Raimondo si dichiarò sconfitto e sottomesso. Sua figlia, Giovanna di Tolosa, avrebbe sposato il fratello del re; essendo Giovanna l'erede di Raimondo, questo trattato fu in pratica un accordo per far passare la Contea di Tolosa con gran parte della Linguadoca, nei domini dei Capetingi di Francia.

Il catarismo fu un movimento ereticale diffusosi in Europa tra il XII e il XIV secolo. Il termine cataro deriva dal latino catharus e dal greco καϑαρός, puro.
Con il termine catari sono indicati tutti gli eretici dualisti medievali (albigesi, manichei, bulgari…), i quali fondavano il loro credo sul rapporto avverso tra materia e spirito. Secondo questi ultimi Gesù avrebbe avuto solamente in apparenza un corpo mortale e pur accettando la sua divinità, essi credevano che fosse apparso sulla Terra unicamente come angelo dalle sembianze umane. Rifiutando ogni bene materiale, astenendosi dal consumo di carne e uova e non praticando perfino il sesso, i catari accusarono la Chiesa di Roma di essere al servizio di Satana (Ecclesia Malignatium), a causa della sua corruzione e dell’attaccamento così ostinato alla materia.
L’ideologia catara si insinuò più velocemente nei ceti più umili. Sfruttando il malcontento della popolazione per la mancata vicinanza della Chiesa cattolica ai più poveri e bisognosi dopo la riforma gregoriana. Territorialmente essa si diffuse e si radicò nelle regioni del Tolosano, del Lauragais, dell’Albegois e del Carcasses, nonché nell’Italia settentrionale.
Interessante notare come solamente pochi eretici nel medioevo venissero chiamati cathari; nemmeno alcuna persona interrogata dall’Inquisizione di Tolosa parlò mai di quest’ultimi ma di “buoni uomini” e “buone donne”. I “buoni uomini” erano raramente giovani mentre le “buone donne” erano sempre ragazze e di nobili origini.
La Chiesa non tardò a fornire una pronta risposta al crescere esponenziale di questa eresia e già nel terzo Concilio Lateranense del 1179 papa Alessandro III stabilì misure contro il catarismo. Si stabilì che venissero confiscati i loro beni e i principi presenti nei territori macchiati da questa onta, furono invitati a combattere gli eretici, i quali oramai pubblicavano apertamente il loro sdegno contro la Chiesa di Roma e cercavano sempre nuovi seguaci.

Con l’elezione di Innocenzo III al soglio pontificio nel 1198, la lotta contro le eresie e in particolare contro il catarismo si inasprì.
Il pontefice affidò all’Ordine di Cîteaux ogni potere per combattere l’eresia catara nella regione della Linguadoca (così scriveva l’abate di Cîteaux Arnaut Amaury nel settembre del 1212: “Benedetto sia nostro Signore Gesù Cristo, che per la sua misericordia, ai nostri tempi, sotto il felice pontificato del papa Innocenzo, ha accordato la vittoria ai cattolici cristiani sopra la tripilice pestilenza dei nemici della santa Chiesa, e cioè gli scismatici all’Est, gli eretici all’Ovest, e al Sud i saraceni”1).
Se in un primo momento si era aperto un dialogo pacifico con gli “esponenti di queste miscredenze”, l’uccisione del legato pontificio Pietro di Castelnau il 14 gennaio 1208, tuttavia, creò un pretesto che venne immediatamente sfruttato da Innocenzo III, il quale decise di intervenire militarmente. Venne accusato del delitto il conte Raimondo VI di Tolosa, già precedentemente scomunicato (autunno del 1207). Oramai il re di Francia non può non autorizzare i suoi vassalli a rispondere all’appello del papa ed inviò i suoi uomini a “prendere la croce” contro i più lontani vassalli: i conti di Foix e di Toulose, il visconte di Albi, Carcassonne e Razès. Fu la prima crociata interna alla christianitas che tuttavia degenerò presto in una guerra di conquista tra i vari baroni francesi.
Il comando della crociata venne affidata proprio all’abate di Cîteaux. Giunti nella valle del Rodano i crociati assistettero alla sottomissione del conte di Toulose, il quale dirottò le forze nemiche contro il nipote Raimondo Ruggiero Trencavel e i suoi principati.
Nel luglio del 1209 l’abate Amaury ordinò il massacro della popolazione di Béziers con il compito di propagare il terrore nell’animo dei nemici eretici. Contro i primi risentimenti dei suoi uomini che erano restii ad uccidere così tanti uomini e donne, la famosa frase che viene attribuita all’abate fu “uccideteli tutti; Dio riconoscerà i suoi”2. Il giovane visconte Raimondo Ruggiero Trencavel venne gettato in prigione dove morirà, dopo che si era consegnato all’esercito crociato per negoziare una più onorevole pace per la sua gente. L’abate Amaury scelse allora un nuovo visconte di Carcassone: Simon de Monfort, conte di Leicester.
Quest’ultimo, in due anni, sottomise le signorie vassalle dei Trencavel. Tuttavia consapevole della sua forza e volendo instaurare una sua dinastia nelle terre Occitane, rivolse la sua attenzione ai territori di Foix e di Toulouse. Fece il passo decisivo nel settembre del 1213. Con pochi uomini il Monfort riuscì a sconfiggere le forze coalizzate di Toulouse, di Foix e dell’Aragona. Lo stesso re Pietro II d’Aragona, arrivato nelle terre francesi per difendere il cognato Raimondo VI, trovò la morte alle porte di Toulouse.
Proprio il primo ottenne, al termine della crociata, tutte le terre conquistate dai crociati, ma dovette prenderle in feudo dai precedenti titolari. La terra non conquistata sarebbe stata amministrata dalla Chiesa finché Raimondo VII, figlio di Raimondo VI, mandato in esilio, non fosse stato in grado di governarla autonomamente.
Nell’autunno del 1215 durante il quarto Concilio Lateranense, Innocenzo III dichiarò la suprema autorità della Chiesa sul mondo cristiano e la fine della ribelle regione di Linguadoca. Riconobbe, inoltre, la legittimità della famiglia Montfort sopra la regione della Tolosa, sul Carcassonne e sull’Albigese. Il conte di Tolosa Raimondo il giovane mantenne il dominio della Provenza.
Quest’ultimo, tuttavia, infiammò una rivolta popolare da Avignone a Marsiglia riuscendo in tal modo a riconquistare i territori perduti. Il Monfort trovò la morte nel giugno del 1218 sotto le mura di Tolosa. La riconquista occitana ebbe così inizio. Nel 1221 morì Raimondo VI di Toulouse e suo figlio Raimondo VII portò a termine la riconquista dei territori occitani. Anche la chiesa catara del Tolosano, dopo il ripiego di Amaury de Montfort (figlio di Simon de Monfort) a Carcassonne.
La crociata dei baroni contro i principati cristiani fu un fiasco poiché l’introduzione nelle contee meridionali di una dinastia per diritto di conquista fu vigorosamente rigettata.
Amaury de Monfort nel frattempo, dopo aver riportato i resti del padre dall’Ille-de-France al priorato cistercense di Hautes Bruyères dove lo seppellì, si recò a Parigi, deponendo ai piedi di Luigi VIII i diritti del suo casato su Carcassonne e Toulouse.
Nella primavera del 1226 l’esercito reale guidato dal re, che troverà tuttavia la morte durante il viaggio, giunse nella Linguadoca e il processo di conquista francese incominciò.
Con le “guerre di Cabaret e di Limoux” terminate in maniera favorevole per l’esercito reale, Raimondo VII di Toulouse fu costretto a deporre le armi e a giungere ad una pace. Il trattato venne firmato a Meaux nel 1229 dal conte di Touluse e dalla reggente Bianca di Castiglia, madre del re infante Luigi IX. Si riconobbe la legittimità di Raimondo come conte di Toulouse, tuttavia quest’ultimo perse definitivamente i suoi domini nella bassa Linguadoca e in Provenza.

L'unione della Linguadoca al regno di Francia, rappresentava anche il punto di partenza per l’estirpazione dell’eresia tanto odiata dal papa e di cui l’Inquisizione doveva ormai prendersi carico. Era ora quest'ultima che doveva svolgere un compito assai importante, che la guerra non aveva del tutto compiuto: eliminare definitivamente l’eresia catara dalle terre francesi.
L’ultimo episodio militare della crociata albigese segnò ancora un orrore perseguito nei confronti dei catari; con la conquista della roccaforte di Montségur l’ultimo bastione degli eretici, nella primavera del 1243, il catarismo venne debellato. La leggenda vuole che i crociati, presi da una divina pietà, dopo aver ottenuto la vittoria, nel medesimo giorno concessero quattordici giorni di tregua agli avversari per permettere loro di piangere i loro morti. Durante la notte però quattro Catari fuggirono dalla roccaforte, portando con loro un immenso tesoro: il santo Graal.
Tuttavia, in realtà, i crociati misero al rogo più di duecento uomini, donne e bambini disarmati nel giugno del 1244.
Oggi a Montségur è possibile vedere una lapide a commemorazione di quei morti.

Gli episodi cruenti durante questi anni furono tanti perpetrati sia da una parte che dall’altra. Come già ricordato l’esercito della Chiesa di Roma. La strage di Marmande del 1219 fu ricordata nella Canzone della crociata albigese, un antico poema occitano, che così lo descrisse: “Corsero nella città [le armate dei cattolici], agitando spade affilate, e fu allora che cominciarono il massacro e lo spaventoso macello. Uomini e donne, baroni, dame, bimbi in fasce vennero tutti spogliati e depredati e passati a fil di spada. Il terreno era coperto di sangue, cervella, frammenti di carne, tronchi senza arti, braccia e gambe mozzate, corpi squartati o sfondati, fegati e cuori tagliati a pezzi o spiaccicati. Era come se fossero piovuti dal cielo. Il sangue scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume”3.
La crociata catara sancì una vittoria, per così dire, del trono e dell’altare: il re di Francia riunì sotto la Corona i territori meridionali del Paese e la Chiesa ampliò la sua influenza sul mondo debellando l’eresia catara.

Bibliografia

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  • Ovidio Capitani, L’eresia medievale, Il Mulino, Bologna, 1971.
  • Ovidio Capitani, Medioevo ereticale, Il Mulino, Bologna, 1983.
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  • Lorenzo Paolini, L'albero selvatico. Eretici del Medioevo, Patron Editore, Milano, 1993.
  • Marc Pegg, Catari, in DSI, vol. 1, pp. 306-308.
  • Zoè Oldenbourg, L'assedio di Montsegur, Garzanti, Milano, 1990.
  • Michel Roquebert, I catari e il Graal. Il mistero di una grande leggenda e l'eresia albigese, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo, 2007.
  • Daniel Waley, The Papal State in the Thirteenth Century, Centro italiano di studi sull'alto medioevo, Londra, 1961.
  • Francesco Zambon (a cura di), La cena segreta. Trattati e rituali catari, Adelphi, Milano 1997.

Article written by Alessandro Scarioli | Ereticopedia.org © 2016

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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