Ghetti, Andrea

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Andrea Ghetti da Volterra (Montecatini Val di Cecina, 1510 - Volterra, 1578) è stato un predicatore agostiniano, indagato ed incarcerato dall'Inquisizione romana.

Biografia

Entrato nel 1524 nel convento dei canonici regolari lateranensi di Volterra, fu ordinato prete nel 1532.
Intraprese quindi gli studi di teologia a Padova, ottenendo il baccalaureato nel 1538.
Nel 1539 collaborò col vescovo Giberti a Verona.
Nel 1540 predicò a Napoli, frequentando al contempo il circolo valdesiano.
Nel 1543 fu a Mantova, dove fu ammirato e collaborò col cardinale Ercole Gonzaga, quindi a Trento, alla corte del cardinale Cristoforo Madruzzo, dove, alla presenza del Morone ebbe un duro scontro con il Grechetto che gli rimproverò affermazioni eterodosse, e a Venezia, dove conobbe Pietro Carnesecchi. Nell'ottobre di quello stesso anno Girolamo Seripando, generale del suo ordine e suo costante protettore, lo trasferì al convento di Firenze (dove proseguì la frequentazione di Carnesecchi).
Proprio a Firenze nel 1544 stampò (presso Giunti e a cura di Alessandro Strozzi) il suo scritto più noto: la predica Sopra la disputa della grazia e delle opere, che lo fece incorrere nella denuncia di Ambrogio Catarino Politi. In quello stesso anno fu di passaggio a Ferrara presso Renata di Francia e vi predicò la quaresima.
Convocato a Roma e assolto nel 1546, l'anno successivo fu a Trento, dove ancora suscitò l'ostilità del Grechetto, che denunciava la sua predicazione eterodossa al cardinale Alessandro Farnese.
Continuò la sua intensa attività di predicatore a Napoli nel 1547, Venezia nel 1548, Genova nel 1549, di nuovo Napoli nel 1550. Il che non fece altro che accrescere i sospetti dell'Inquisizione su di lui, cosa di cui egli si lamentò vivamente in una lettera del 1° gennaio 1548 al cardinal Ercole Gonzaga; finito nel mirino di Gian Pietro Carafa (ma anche di Marcello Cervini), fu di nuovo convocato e stavolta costretto ad un'abiura de levi, pronunciata a Roma il 16 luglio 1549.
Dal 1549 al 1551 fu provinciale del suo ordine a Pisa; nel 1551 riuscì a predicare a Bologna, ma nel 1552 gli venne impedito a Firenze da parte del duca Cosimo de' Medici. Nel 1553 predicò a Perugia e a Bologna e nel 1554 a Udine.
Nel settembre 1555 testimoniò al processo contro Giovan Francesco Lottini a Roma. Arrestato, condivise il carcere nel Palazzo dell'Inquisizione a Ripetta con Galeota, Verdura e Spadafora.
Riottenne la libertà nell'agosto 1559, alla morte di Paolo IV, e fu assolto l'anno seguente da Pio IV, anche se gli furono imposte alcune limitazioni (come l'obbligo, temporaneo, di non predicare e di ripresentarsi entro due anni all'esame del Sant'Uffizio).
Nel 1563 partecipò al concilio di Trento come collaboratore del cardinal Seripando.
Negli anni seguenti proseguì la sua instancabile attività di predicatore: a Bologna nel 1563, Milano nel 1564, Messina nel 1565, Pisa nel 1566, Udine e Firenze nel 1567.
Nel 1568 si stabilì a Bologna, concentrando in questa città la sua attività di predicazione fino al 1572, anno in cui, sempre a Bologna, pubblicò il Discorso sopra la cura et diligenza che debbono avere i padri et le madri verso li lori foglioli sì nella civilità come nella pietà cristiana. Nel 1573-74 risiedette e predicò a Volterra. Da lì passò a Genova, protetto dal cardinal Morone, allora legato in quella città.
Fu quindi a Firenze, a Pisa, ritirandosi infine di nuovo a Volterra, nel cui convento gli fu accordato di passare gli ultimi anni, e dove morì nel 1578.

Bibliografia

  • Processo Morone2, vol. 1, pp. 385-87, nota 158.
  • Guido Dall'Olio, Ghetti, Andrea in DBI, vol. 53 (2000).

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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