Capitini, Aldo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Aldo Capitini (Perugia, 23 dicembre 1899 - Perugia, 16 ottobre 1968) è stato un filosofo, pedagogista e militante politico.

Cenni biografici

Dopo una iniziale formazione tecnica (e umanistica da autodidatta), ottenne un posto da convittore presso la Scuola Normale di Pisa, dove studiò filosofia (1924-29). Della stessa Normale fu nominato segretario nel 1929, ma dovette rinunciare al posto per aver rifiutato l'iscrizione obbligatoria al Partito Nazionale Fascista, ritirandosi nella sua Perugia. Fu reintegrato nella funzione di segretario della Normale dopo la Liberazione e fu anche libero docente di filosofia morale all'Università di Pisa. Ottenuta la cattedra nel 1956, insegnò pedagogia prima a Cagliari poi a Perugia.

Durante il periodo trascorso alla Normale strinse un'intensa amicizia con Claudio Baglietto, organizzando con quest'ultimo riunioni serali in cui si discuteva di politica e filosofia, che furono una palestra di formazione e militanza politica per vari studenti pisani di quegli anni.

La concezione filosofico-religiosa

A partire dalla sua prima opera filosofica, gli Elementi di un'esperienza religiosa del 1937, Capitini ha cercato di costruire una coerente filosofia della nonviolenza, una filosofia cioè che approfondisca tutte le implicazioni del rifiuto di uccidere. Gli Elementi sfuggirono alla censura fascista per via del riferimento alla religione, ma si tratta invece di una critica rigorosa della mentalità fascista, con la sua esaltazione della violenza ("L'uso della violenza si è molto diffuso oggi anche per sostenere intenzioni che altre volte si affermavano altrimenti; i vecchi scrupoli si vanno perdendo"). Nell'opera il filosofo parla di una "opposizione dal profondo e appassionata", che "matura come un capolavoro di poesia". La trova in un ripensamento in senso religioso del pensiero di Carlo Michelstedter, filosofo goriziano morto suicida nel 1910, a ventitre anni: da un lato afferma il valore della coscienza, dell'intimo, della interiorità di cui rivendica la centralità, dall'altro apre questa interiorità all'altro, in un atto che chiama unità-amore, che va oltre i confini della specie umana. E’ quella che chiama persuasione religiosa (Michelstaedter aveva contrapposto la persuasione, la vita autentica, alla vita inautentica della rettorica). Dio per Capitini non è un ente trascendente, ma esattamente questo stesso atto di amore verso ogni singolo essere vivente.
Nelle opere successive il filosofo sviluppa questi temi giungendo, nella sua opera più matura (La compresenza dei morti e dei viventi, 1966), ad una filosofia della compresenza. Il concetto non facile di compresenza è così presentato in un testo autobiografico (Attraverso due terzi di secoli, scritto pochi mesi prima della morte): "Ho insistito per decenni ad imparare e a dire che la molteplicità di tutti gli esseri si poteva pensare come avente una parte interna unitaria di tutti, come un nuovo tempo e un nuovo spazio, una somma di possibilità per tutti i singoli, anche i colpiti e annullati nella molteplicità naturale, visibile, sociologica. Questa unità o parte interna di tutti, la loro possibilità infinita, la loro novità pura, il loro 'puro dopo' la finitezza e tante angustie, l’ho chiamata la compresenza". Si tratta di un tentativo, filosoficamente audace, di pensare l'essere come positività assoluta. La compresenza è l'unità di tutti gli esseri che vivono (umani, animali, piante) e che sono vissuti, senza alcuna distinzione tra buoni e cattivi, salvati e dannati. Questa concezione implica l'attesa di una liberazione del mondo naturale dalle sue dinamiche violente (il cibarsi l'un l'altro degli esseri viventi, l'invecchiamento, la morte), quella che Capitini chiama realtà liberata. Non si tratta tuttavia né di una fede nel senso tradizionale né di una metafisica nel senso classico. Capitini parla di "metafisica pratica". All'inizio c'è l'atto (la pratica) di apertura all'altro, il rifiuto di ucciderlo e la scelta di considerarlo quindi un assoluto. La compresenza è una implicazione metafisica di questo atto morale. Non dunque una realtà esistente, accertabile oggettivamente; al fondo del tentativo di Capitini c'è anche lo sforzo di ripensare il concetto stesso di realtà.

La polemica con la Chiesa cattolica

Convinto che l'Italia avesse bisogno di una riforma religiosa (con Ferdinando Tartaglia ha fondato anche un Movimento di Religione), Capitini entra in polemica serrata con la Chiesa cattolica, che accusa di aver sostenuto il fascismo e di essere religiosamente insufficiente, per il suo carattere gerarchico, la chiusura dogmatica, la divisione tra salvati e dannati che è eticamente e religiosamente sbagliata. Considerando Gesù Cristo non una figura divina, ma un "maestro di fare aperto", ossia uno dei maestri che hanno testimoniato con la loro vita l'apertura etica all'altro, si definisce pos-cristiano. Nel 1956, quando Monsignor Fiordelli definisce "pubblici peccatori e concubini" i coniugi Bellandi di Prato, colpevoli di essersi sposati con il solo rito civile, Capitini chiede di essere sbattezzato. Il suo libro del 1955 Religione aperta viene inserito nell'Indice dei libri proibiti. Nel 1957 pubblica Discuto la religione di Pio XII, cui segue nel 1966 Severità religiosa per il Concilio, opere nelle quali analizza i cambiamenti della Chiesa cattolica evitando i toni anticlericali, ma evidenziando con rigore le insufficienze religiose del cattolicesimo.

Il pensiero politico

Sul piano politico Capitini ha fondato nel 1962 il Movimento Nonviolento, ancora esistente, ed ha organizzato nel 1961 la prima Marcia della pace da Perugia ad Assisi. Insoddisfatto dalla democrazia rappresentativa, e prevedendo i rischi di una partoticrazia, nel dopoguerra ha lavorato per diffondere pratiche di democrazia partecipata, attraverso la creazione in diverse città di Centri di Orientamento Sociale (COS), regolari assemblee popolari per discutere e analizzare i problemi della comunità esercitando una forma di controllo del potere politico locale. Negli ultimi anni ha precisato il suo pensiero politico parlando di omnicrazia o potere di tutti.

Vegetariano fin dalla gioventù, ha fondato nel 1952 la Società Vegetariana (oggi Associazione Vegetariana Italiana).

Bibliografia

Edizioni delle opere

  • Scritti sulla nonviolenza, a cura di L. Schippa, Protagon, Perugia 1992.
  • Scritti filosofici e religiosi, a cura di M. Martini, Protagon, Perugia 1994.
  • Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, a cura di Mario Martini, ETS 2016.
  • Un'alta passione, un'alta visione. Scritti politici 1935-1968 , a cura di L. Binni e M. Rossi, Il Ponte Editore, Firenze 2016.

Studi

  • Piero Craveri, Capitini, Aldo, in DBI, vol. 18 (1975).
  • Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998.
  • Paolo Simoncelli, La Normale di Pisa. Tensioni e consensi (1928-1938); appendice, 1944-1949, Franco Angeli, Milano 1998.
  • Antonio Vigilante, La realtà liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999.
  • Pietro Polito, L’eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001.
  • Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini. Dalla compresenza alla società aperta, Clinamen, Firenze 2005.

Article written by Antonio Vigilante | Ereticopedia.org © 2018

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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